Fonte: Wikimedia
Quando Netflix annuncia una nuova serie su un serial killer, la domanda di rito è sempre la stessa: “Ma è tutto vero?”. E con Monster: The Ed Gein Story, la curiosità si è spostata su una figura misteriosa e quasi romantica: Adeline Watkins, la donna che nella serie viene presentata come la fidanzata del più inquietante assassino del Midwest.
Ma chi era davvero Adeline Watkins? È mai esistita? E, soprattutto, cosa c’è di vero nella storia che la lega al celebre “macellaio di Plainfield”?
Sì, Adeline Watkins è realmente esistita. Il suo nome compare negli archivi di cronaca nera dell’epoca e fu citato dai giornali subito dopo l’arresto di Ed Gein nel 1957. In quell’occasione, la donna rilasciò alcune dichiarazioni al Minneapolis Tribune, raccontando di aver conosciuto Gein per molti anni.
Secondo la sua prima versione, Gein le avrebbe addirittura proposto matrimonio — una proposta che lei, con discrezione e buon senso, rifiutò. In quell’intervista, Watkins descrisse Gein come “gentile, buono e dolce”, un uomo con cui amava parlare di libri e, per quanto suoni sinistro oggi, persino di omicidi.
Tuttavia, la dolcezza di quelle parole durò poco. Poco tempo dopo, Adeline ritrattò quasi tutto: dichiarò che la storia era stata “esagerata” dai giornalisti e che lei e Gein si conoscevano sì da vent’anni, ma si erano frequentati solo per un breve periodo, circa sette mesi, e in modo sporadico. Insomma, più che un amore travolgente, una conoscenza occasionale tra vicini di campagna.
Nella sua seconda intervista, la donna smontò la versione più romantica della loro relazione: negò di averlo trovato “sweet” o di aver pensato a lui come a un possibile marito. Disse invece che Gein era “quieto e cortese”, ma nulla di più. Il mistero, a quel punto, era servito: era una vera fidanzata o solo una conoscente in cerca di notorietà?
I documenti ufficiali non riportano alcun indizio che colleghi Adeline Watkins ai delitti di Gein. Nessuna prova di complicità, nessun coinvolgimento nelle profanazioni di tombe o negli orrori scoperti nella sua fattoria. Gli investigatori la trattarono sempre come semplice testimone.
Le uniche certezze storiche sono le stesse che da decenni alimentano l’orrore collettivo: Gein confessò due omicidi (Mary Hogan nel 1954 e Bernice Worden nel 1957), ammise di aver dissotterrato corpi dal cimitero locale e di aver creato oggetti e vestiti usando parti umane. Tutto questo, sì, è purtroppo reale.
Dove la realtà si ferma, però, inizia la fantasia di Netflix. Nella serie, Adeline Watkins diventa una sorta di complice poetica, una donna che condivide con Gein i segreti più oscuri, partecipa alle esumazioni e addirittura lo aiuta a nascondere le prove dei suoi crimini. Una narrazione intensa, visivamente potente, ma del tutto priva di conferme storiche.
Nessuna delle testimonianze originali, né i verbali della polizia, suggeriscono che Watkins fosse mai stata coinvolta nei suoi delitti. Eppure, nella serie la loro relazione viene trasformata in una lunga e tormentata storia d’amore, un legame quasi gotico che dura anni, culminando in scene dal forte impatto emotivo.
Gli sceneggiatori di Monster: The Ed Gein Story hanno ammesso di aver preso diverse libertà creative. E come biasimarli? La realtà, a volte, non è abbastanza drammatica per reggere sei episodi da binge-watch. Così, tra un flashback e l’altro, la figura di Adeline Watkins viene riscritta: da conoscente di provincia diventa una presenza costante, quasi un alter ego femminile del mostro.
Alcune sequenze, infatti, mostrano la donna scavare tombe insieme a Gein, oppure discutere con lui delle sue fantasie più disturbanti. Tutto questo è puro artificio narrativo, un espediente per esplorare la mente del killer e dare corpo (in tutti i sensi) alle sue allucinazioni.
La serie gioca molto con la percezione della realtà: alcune scene, volutamente ambigue, potrebbero essere solo il frutto della follia di Gein, non eventi realmente accaduti.
Netflix, d’altra parte, non punta a una lezione di storia ma a un’esperienza psicologica e sensoriale. E in questo senso, Adeline Watkins è il perfetto strumento narrativo: una donna sospesa tra la realtà e l’immaginazione, la voce della normalità che si lascia contaminare dall’oscurità.
Alla fine, la verità è meno cinematografica ma più affascinante: Adeline Watkins fu una figura reale, marginale nella vita di Ed Gein, che forse cercò un po’ di notorietà nel caos mediatico dell’epoca. La sua immagine televisiva, invece, è una costruzione simbolica, utile per dare profondità a un racconto che vuole più colpire l’anima che rispettare la cronaca.
E se la domanda resta — “Adeline Watkins è davvero esistita?” — la risposta è sì, ma non come ce la racconta Netflix. Il resto è finzione, intrattenimento, e un pizzico di marketing horror ben calibrato.
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