Sono un’assistente alla comunicazione in un asilo e ho parlato con una maestra di un bambino che è sì sordo, ma anche oralista. Vi scrivo per parlarvi di un tema molto importante che è quello della disabilità e in particolare della sordità. C’è purtroppo molta ignoranza sul tema e tanta gente persino gli addetti ai lavori non conoscono tante specifiche un po’ più particolari. Io e la maestra ne abbiamo parlato ed è emersa purtroppo molta ignoranza. Non metto nomi perché non sarebbe corretto né professionalmente né umanamente. Il mio intento è solo fare riflettere su un problema. Non voglio fare nessuno spiegone noioso. Solo dire che i bambini sordi non devono per forza imparare la LIS, la lingua italiana dei segni, possono anche imparare a comprendere la lingua parlata e questo approccio si chiama oralismo. È una scelta delle famiglie che bisogna rispettare in base alle specifiche esigenze. Volevo solo parlare di questo problema per aumentare il senso collettivo di consapevolezza. Non voglio fare nessuna polemica né accusare nessuno. Possiamo sempre imparare cose nuove, anche se siamo dei grandi professionisti con tanti anni sulle spalle.
Scrivete cosa ne pensate nei commenti di Facebook e Buona lettura!
La nostra fan, assistente alla comunicazione in un asilo, ha deciso di condividere un’esperienza significativa per portare consapevolezza su un tema importante: la sordità nei bambini e le scelte educative che ruotano intorno a questa condizione.
Racconta di aver avuto una conversazione con una maestra riguardo a un bambino sordo che frequenta l’asilo, bambino che, oltre a essere sordo, è anche oralista. Sottolinea come, purtroppo, ci sia ancora molta ignoranza sull’argomento, anche tra chi lavora quotidianamente con i bambini. Durante il confronto con l’insegnante, ha percepito chiaramente quanto poco si conoscano alcuni aspetti più specifici legati alla sordità, nonostante le migliori intenzioni di chi lavora sul campo.
Spiega che non tutti i bambini sordi sono obbligati a imparare la LIS (Lingua Italiana dei Segni), ma possono anche apprendere a comprendere e usare la lingua parlata, seguendo un percorso chiamato oralismo, che consiste nell’uso del linguaggio verbale supportato da strategie specifiche e dispositivi tecnologici. Sottolinea come questa sia una scelta delle famiglie, che va rispettata, e che ogni situazione ha le proprie esigenze, senza un’unica soluzione valida per tutti.
Ha scelto di raccontare questa esperienza senza polemica e senza accusare nessuno, ma con l’intento di aumentare la consapevolezza collettiva su un argomento spesso trattato in modo superficiale. Precisa che non è sua intenzione “fare spiegoni” o noiosi discorsi teorici, ma semplicemente invitare a riflettere sul fatto che anche chi ha anni di esperienza nel settore educativo può sempre imparare qualcosa di nuovo, soprattutto quando si tratta del benessere e del rispetto delle scelte delle famiglie e dei bambini che vivono la disabilità ogni giorno.
Share