Perché si crede che brindare serva ad evitare di essere avvelenati

Scopriamo se  vero che brindare serve a non essere avvelenati

 

Se fai una rapida e superficiale ricerca in internet, troverai una spiegazione dell’origine dei brindisi che i più accettano come buona. Molte fonti dicono che l’usanza di brindare risalga al Medioevo. A quei tempi non era poi così insolito che ci si avvelenasse l’uno con l’alto. Per questo, quando si sedeva alla tavola altrui, ci si aspettava che fosse il padrone di casa a bere per primo un sorso, in segno di buona fede.

Se però tra ospite e padrone di casa vi era un rapporto di mutua fiducia, si sbattevano i calici tra di loro senza aspettare l’assaggio. Secondo questa ricostruzione, brindare era come dire “so di non essere avvelenato da te”. Ma la verità è molto diversa, perché la pratica di brindare risale a ben prima del Medioevo, ovvero all’epoca degli antichi Greci.

I Greci non brindavano per non essere avvelenati ma per onorare gli dei

In Grecia, ai banchetti, si usava mescere il vino non nelle singole coppe ma in un grande vaso chiamato “cratere”. Ogni commensale poi poteva attingere direttamente da lì la sua parte di bevanda. Inoltre, era in vigore la pratica della libagione: ovvero una parte di quello che si mangiava e beveva diventava un’offerta agli dei. Ecco quindi che le coppe venivano alzate per omaggiare le divinità. In seguito, divenne anche un modo per omaggiare gli amici.

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L’uso greco fu poi ripreso anche dai Romani, che come è ben noto si dedicavano spesso e volentieri a banchetti luculliani in cui il vino scorreva a fiumi. A Roma si prese anche l’abitudine di fare vere e proprie gare di bevute, usanza che ancora oggi non ci risulta si sia estinta. Anzi, pare si sia estesa ben oltre i confini di Roma.

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