Fonte: Instagram
Individuare il Parkinson nelle prime fasi è notoriamente difficile. I sintomi iniziali, come tremori lievi o rallentamento dei movimenti, spesso vengono confusi con l’invecchiamento o altre condizioni. Quando la diagnosi arriva, gran parte dei neuroni produttori di dopamina è già compromessa. Qui entrano in gioco Bumper, un golden retriever, e Peanut, un labrador nero, due cani addestrati a rilevare la malattia attraverso campioni di pelle.
Questi cani hanno partecipato a uno studio rigoroso, in doppio cieco, durante il quale hanno annusato oltre 200 campioni provenienti da 25 cliniche nel Regno Unito. Hanno identificato correttamente fino all’80% dei casi di Parkinson e hanno segnalato pochissimi falsi positivi, dimostrando come la loro capacità olfattiva possa diventare un vero strumento diagnostico.
Il Parkinson non riguarda solo il cervello, ma provoca cambiamenti nella pelle. I pazienti producono più sebo, il quale contiene composti organici volatili alterati dalla malattia, creando una firma olfattiva unica. Questa scoperta non è nuova: persone con un olfatto particolarmente sensibile avevano già percepito l’odore caratteristico, ma i cani possiedono capacità olfattive molto più elevate, rendendoli strumenti ideali per rilevare questi biomarcatori.
L’addestramento dei cani alla rilevazione di malattie non è una novità: in passato sono stati utilizzati per individuare tumori, malaria e persino COVID-19. Il Parkinson ha rappresentato una sfida aggiuntiva, perché i cani dovevano distinguere i campioni di pazienti affetti da Parkinson da quelli di persone sane o con altre patologie neurologiche, mostrando una precisione sorprendente.
Il principale vantaggio di questo metodo è la possibilità di ottenere una diagnosi precoce senza ricorrere a test invasivi o costosi. Attualmente non esistono esami del sangue o scansioni cerebrali in grado di identificare il Parkinson nelle fasi iniziali. Il lavoro di Bumper e Peanut potrebbe aprire la strada a strumenti diagnostici rapidi e accessibili, consentendo trattamenti tempestivi che rallentano la progressione della malattia.
Oltre all’efficacia, l’osservazione dei cani potrebbe aiutare gli scienziati a isolare i composti chimici responsabili della firma olfattiva, sviluppando test chimici futuri. La combinazione tra intuizione canina e ricerca scientifica potrebbe rivoluzionare l’approccio alla diagnosi del Parkinson, offrendo speranza a chi rischia di ricevere la diagnosi troppo tardi.
Sebbene lo studio abbia coinvolto solo due cani completamente addestrati, i risultati mostrano coerenza e riproducibilità, confermando che non si tratta di un caso isolato. Studi precedenti in Cina hanno evidenziato risultati simili, rafforzando l’ipotesi che il fiuto dei cani possa diventare un alleato concreto della medicina.
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La sfida futura sarà integrare questa capacità in protocolli clinici standard, migliorando la vita dei pazienti e accelerando l’intervento terapeutico. Questa ricerca dimostra quanto la collaborazione tra esseri umani e cani possa avere un impatto reale e concreto sulla salute, trasformando il miglior amico dell’uomo in un prezioso assistente scientifico e medico.
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