Chi paga cosa – Seconda Parte

PRIMA PARTE QUI

“Sono una RAGAZZA di 35 anni. Io e il mio compagno stiamo sistemando casa (sua). Chi deve pagare i lampadari secondo voi? Ci sono rimasta malissimo per i commenti di alcune persone della pagina. Io innanzitutto mi sento quello che mi voglio sentire. Ho 35 anni e mi sento una RAGAZZA, ok?? Sentitevi voi vecchi già a 30. A me non me ne frega niente. Fatevi i ca* vostri e non giudicate un dettaglio così insulso. Boh.. mi dispiace per le vostre povere vite. In secondo luogo, io non pago un caz** di quello che non mi posso portare. Pagare ciò che non mi posso portare non equivale a pagare un affitto. Se così fosse il mio compagno sarebbe il mio padrone di casa e io non sarei a casa MIA, ma sarei in affitto. Alcune persone mi hanno dato ragione e le ringrazio. Forse siete nella mia stessa situazione e mi potete capire. Grazie di cuore. I soldi che il mio compagno spende per casa sua sono un investimento. I soldi che spendo io per CASA NOSTRA devono essere pure un investimento. E come? Io pago le cose “mobili” (che se va male mi potrò portare) e pago pure le spese. Lui invece paga le cose “fisse”., quelle che restano a lui in ogni caso. Semplicissimo, equo, paritario e lungimirante. Se non ci arrivate, mi spiace, ma non avete capito bene la situazione.”

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Una donna di 35 anni affronta il tema dei contributi finanziari all’interno della coppia, in particolare in relazione all’arredamento della casa in cui convive con il suo compagno. Questa casa è di proprietà esclusiva del compagno. La questione specifica sollevata riguarda chi debba farsi carico dell’acquisto dei lampadari. La donna esprime forte disappunto per le critiche ricevute da alcuni utenti di una pagina, sottolineando il suo diritto di autodefinirsi come preferisce, indipendentemente dall’età, e rifiutando giudizi che considera irrilevanti e offensivi.

Lei chiarisce la sua posizione riguardo alle spese per la casa, sottolineando una netta distinzione tra gli oggetti “mobili”, che possono essere portati via in caso di separazione, e quelli “fissi”, che resterebbero parte della casa del compagno. La donna propone una divisione delle spese basata su questo criterio: lei si farebbe carico delle spese per gli oggetti mobili e delle spese correnti, considerandoli un investimento recuperabile, mentre il suo compagno dovrebbe occuparsi delle spese per gli oggetti fissi, intrinsecamente legati alla struttura della casa.

La narratrice giustifica questa divisione come un approccio equo e paritario, che tiene conto della proprietà della casa e della possibilità di recuperare il proprio investimento in caso di fine della relazione. Sottolinea l’importanza di un accordo che consideri equamente i contributi di entrambi, riflettendo sulle proprie aspettative di giustizia e sul desiderio di proteggere i propri interessi finanziari all’interno della relazione.

Questo approccio viene presentato come una soluzione ragionevole per gestire le finanze di coppia in modo che entrambi i partner si sentano giustamente trattati e che gli investimenti fatti nella casa condivisa possano essere valutati equamente, indipendentemente dall’esito della relazione. La donna fa appello alla comprensione e alla solidarietà da parte di coloro che si trovano in situazioni simili, esprimendo gratitudine per il sostegno ricevuto e invitando a una riflessione più approfondita sulle dinamiche finanziarie all’interno delle coppie.

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