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Quando i carabinieri sono arrivati alla fattoria di Lauriano, in Piemonte, si aspettavano di trovare solo qualche disagio abitativo causato dall’alluvione. Invece si sono imbattuti in due bambini, di sei e nove anni, che sembravano usciti da un romanzo distopico: indossavano ancora il pannolino, non parlavano e non erano nemmeno registrati all’anagrafe italiana. Semplicemente, non esistevano.
I genitori, una coppia olandese trasferita in Italia durante la pandemia, hanno subito spiegato che i figli erano stati cresciuti in casa, circondati da amore, giochi, libri e cibo sano. Peccato che i bambini non sapessero né leggere né scrivere, e comunicassero a malapena. L’educazione casalinga è una cosa, la totale sconnessione dalla realtà un’altra.
Il padre quarantanovenne, scultore metallico di professione e teorico complottista per vocazione, ha dichiarato di voler proteggere i suoi figli da un mondo contaminato da virus creati in laboratorio. Secondo lui, governi e poteri oscuri stavano tramando per infettare l’umanità, quindi l’unica soluzione era sparire tra i boschi e vivere in completa autosufficienza.
Missione riuscita, almeno dal punto di vista logistico: la fattoria era energeticamente autonoma, l’acqua arrivava da fonti naturali e per raggiungerla bisognava attraversare un sentiero boscoso degno di un film survival. La privacy era garantita, la connessione col mondo esterno decisamente meno.
I due bambini, soprannominati “figli fantasma” dalla stampa italiana, non comparivano in alcun registro scolastico, sanitario o anagrafico. Ufficialmente, per lo Stato italiano, non erano mai esistiti. Una situazione che ha fatto scattare l’intervento del Tribunale dei Minori di Torino, che ha stabilito l’immediato affidamento a una struttura protetta in attesa di individuare una nuova famiglia.
Secondo quanto riportato dai giornali locali, i bambini mostravano atteggiamenti aggressivi e difficoltà relazionali anche tra loro. Gli anni trascorsi nella solitudine della campagna, lontano da altri coetanei, hanno evidentemente lasciato il segno. Altro che infanzia idilliaca nella natura.
Il padre, interrogato dagli inquirenti, ha ribadito di aver agito per amore e per protezione. Nessun intento malevolo, solo una visione alternativa della realtà, in cui i vaccini sono trappole e i virus strumenti del potere. Una convinzione così radicata da spingerlo a tagliare i ponti con tutto e con tutti.
Il problema è che, mentre i genitori si sentivano al sicuro, i bambini crescevano privati di strumenti basilari per affrontare il mondo. Parlare, scrivere, comprendere: tutto sacrificato in nome di un’utopia paranoica. Il Comune, dal canto suo, ha confermato che nessuno aveva mai visto i minori e che la casa era talmente isolata da rendere ogni controllo quasi impossibile.
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Il caso ha riacceso il dibattito sull’educazione parentale, sulle teorie complottiste e sulla sottile linea che separa la libertà educativa dall’abbandono. Si può crescere un figlio fuori dagli schemi, ma non fuori dal mondo. I servizi sociali e le autorità giudiziarie stanno ora lavorando per garantire un futuro più stabile ai due fratelli. Un futuro con meno virus immaginari e più parole vere.
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