Fonte: Pexels
Chi pensa che leggere sia solo girare pagine o scorrere lo schermo con lo sguardo non ha fatto i conti con il cervello. Secondo un’enorme meta-analisi del Max Planck Institute, il nostro apparato cerebrale è tutt’altro che pigro quando affronta una frase. Anzi, si attiva come un’orchestra sinfonica, con sezioni diverse pronte a entrare in azione in base alla complessità del testo.
Dalle lettere isolate alle trame dei romanzi, ogni stadio richiede l’intervento di specifiche aree del cervello. Si parte dalla corteccia occipitale per decifrare i caratteri, si passa alle regioni frontali per le parole e si arriva ai giri temporali per dare un senso alle frasi. Quando poi si affronta un intero testo, entra in gioco la memoria di lavoro e il cervello inizia a faticare come uno studente in sessione.
Il modo in cui si legge fa una grande differenza. Leggere ad alta voce è un’esperienza multisensoriale: si muove la bocca, si sente la propria voce, si attivano le regioni motorie e uditive come se si stesse preparando un discorso in pubblico. Invece, la lettura silenziosa è più simile a una meditazione con sottofondo lessicale, dove il multiple-demand network si occupa di attenzione, controllo e pianificazione.
Questo dimostra che anche il leggere “per i fatti propri” non è mai davvero un’attività passiva. Anzi, il cervello si adopera per tenere il filo, anticipare il significato e evitare di perdersi tra le righe, come spesso succede dopo tre paragrafi di qualunque manuale universitario.
Un’altra scoperta interessante riguarda le cosiddette pseudoparole: termini finti che sembrano veri, come “frastico” o “glomene”. Il cervello le riconosce e, invece di farsi ingannare, attiva un percorso alternativo dedicato alla decodifica fonologica. Insomma, il nostro sistema neurale non si lascia confondere da combinazioni casuali di lettere e sa quando sta leggendo qualcosa di plausibile, anche se privo di senso.
Le parole reali, al contrario, richiedono l’intervento delle zone legate alla memoria e alla semantica, perché evocano significati, esperienze e immagini. Ogni parola vera è una piccola chiave che apre una porta nel cervello. Quelle inventate, invece, attivano l’allarme “attenzione, contenuto sospetto”.
La vera sorpresa arriva però dal cervelletto, il classico outsider noto per la sua funzione motoria. Ebbene sì: è coinvolto anche quando si legge. Quello destro aiuta a coordinare i movimenti oculari e a pianificare le parole nella mente, mentre quello sinistro sembra avere un ruolo nella comprensione semantica, soprattutto quando si legge in silenzio.
Questo dimostra che leggere non è solo un fatto di occhi e parole, ma un’attività integrata che coinvolge tutto il cervello, anche le parti meno sospettate. Una lettura attenta richiede infatti precisione, ritmo e perfino una sorta di danza oculare.
Molti esperimenti neuroscientifici si basano su compiti di decisione lessicale: “è una parola o no?” Ma questo, secondo i ricercatori, è come giudicare un film dal trailer. Leggere sul serio, anche parole insensate, attiva reti più profonde e complesse. Il cervello non si limita a classificare, ma cerca di capire, contestualizzare e integrare.
Leggi anche: Leggere con un rumore di sottofondo: ecco che succede al cervello
Lo studio sottolinea infine l’importanza di considerare la lettura come un sistema flessibile, in grado di adattarsi a contenuti diversi. Una scoperta che può avere ricadute importanti, soprattutto per affrontare difficoltà come la dislessia, e che ricorda a tutti che ogni volta che leggiamo, il cervello compie un piccolo miracolo di coordinazione, logica e significato. Anche quando stiamo semplicemente leggendo… che leggere fa bene.
Share