Costruire su Marte con funghi e batteri: potrebbe essere presto possibile

Mattoni marziani fai-da-te: costruire su Marte con funghi e batteri

 

Dimenticatevi gru spaziali e container di cemento orbitanti. Il futuro dell’edilizia marziana potrebbe arrivare in provetta, grazie a un’accoppiata improbabile: batteri e funghi. Un team di ricercatori ha sviluppato un sistema di costruzione “vivente” che trasforma la polvere rossa di Marte in materiale solido, utilizzando risorse già presenti sul pianeta. Il tutto senza bisogno di spedire mattoni da Houston.

Il segreto è un piccolo ecosistema artificiale formato da cianobatteri e funghi filamentosi. I primi fanno il lavoro da giardinieri spaziali: catturano l’anidride carbonica marziana e, tramite fotosintesi, generano nutrienti. I secondi, invece, si occupano del lavoro sporco: assorbono ioni metallici, creano legami minerali e danno forma a un materiale simile al cemento. Un po’ come se il lievito della pizza decidesse di laurearsi in ingegneria strutturale.

Materiali da costruzione viventi per colonie spaziali

I test condotti con simulanti del suolo marziano (MGS-1, per i fan del pH 9.5) hanno mostrato che la convivenza tra i due microbi non solo è possibile, ma addirittura vantaggiosa. I batteri crescono meglio quando vivono insieme ai funghi, che a loro volta si arrangiano anche senza cibo extra. Un vero esempio di coabitazione funzionale, altro che coinquilini umani.

Ogni combinazione di funghi e batteri produce materiali diversi: da cristalli a forma di prisma a strutture gelatinate, fino a reti miceliali elastiche perfette per costruzioni più flessibili. Tutti hanno in comune la capacità di trasformare sabbia rossa e luce solare in qualcosa di solido e resistente. Insomma, mattoni naturali senza l’impronta carbonica.

Edilizia spaziale e stampa 3D: il piano (quasi) perfetto

La prossima tappa del progetto è integrare questi materiali con la stampa 3D. L’idea è semplice (in teoria): creare una sorta di gel a base di polimeri naturali e ioni di calcio, stampare la struttura in un’atmosfera controllata, e poi lasciare ai microbi il compito di indurirla. Il risultato? Un edificio cresciuto in loco, con zero spedizioni spaziali e molta pazienza.

Quando la costruzione è completa, basta un po’ di calore o radiazioni per “congelare” i microbi e bloccare il processo. È come avere un cantiere che si auto-spegne, senza bisogno di scioperi o ferie estive.

Qualche ostacolo sulla via per Marte

Certo, non è tutto pronto per la posa della prima pietra. I microbi non sopravvivrebbero a contatto diretto con l’atmosfera marziana, che è fredda, rarefatta e decisamente ostile alla vita terrestre. Servono reattori chiusi e condizioni controllate, almeno per ora. Inoltre, il suolo simulato usato nei test non è identico al vero regolite marziano, che è chimicamente più complesso.

E poi c’è la questione della gravità ridotta: il 38% di quella terrestre potrebbe influenzare la crescita delle strutture, ma nessuno lo sa per certo. Tuttavia, questi ostacoli non sembrano frenare l’entusiasmo della comunità scientifica, sempre più decisa a usare le risorse in loco, come previsto anche dalle strategie della NASA.

Il futuro dell’architettura spaziale è microbiologico

Questa ricerca non è un episodio di fantascienza, ma un passo concreto verso la costruzione autonoma di habitat su altri pianeti. Con un po’ di acqua, un po’ di sole e un pugno di funghi addestrati, potremmo colonizzare Marte senza portare con noi una tonnellata di cemento armato.

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Forse tra qualche decennio, le prime “villette a schiera” marziane non saranno firmate da archistar terrestri, ma da qualche muffa iper-specializzata cresciuta in un laboratorio texano. E chissà, magari ci costruiremo anche la prima pizzeria spaziale. Con impasto a fermentazione microbica, ovviamente.

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