“mi chiamo Marco e sono un dipendente di un’azienda, dove sono stato assunto con un contratto iniziale a tempo determinato con il ruolo di segretario. In pratica, io faccio da tramite per qualsiasi cosa tra i diversi uffici e la direzione. Ero molto entusiasta di questo lavoro, perché l’azienda opera in un ramo della materia per cui ho studiato e mi sono formato per anni. Purtroppo, ben presto mi sono reso conto che il mio datore di lavoro è uno di quelli che in Italia etichettiamo come “esigenti”, nel senso che non riesce sempre a rispettare i confini tra azienda e “fuori lavoro”, chiamando a qualsiasi ora o assumendo comportamenti poco professionali verso di noi, come se fossimo obbligati a fare tutto quello che ci chiede. A volte arriva a fare delle richieste assurde anche per messaggio. Ecco perché qualche giorno fa, dopo l’ennesima richiesta, non ci ho visto e più e ho deciso di dirgli le cose come stanno. Beh, buona lettura, questo è come veniamo trattati spesso noi dipendenti.”
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Il nostro fan, un ragazzo di nome Marco, ha deciso di condividere con noi un’esperienza lavorativa che lo ha messo a dura prova. È stato assunto con un contratto a tempo determinato in un’azienda che opera nel settore per cui ha studiato a lungo e nel quale ha investito anni di formazione. All’inizio, racconta, era molto entusiasta del ruolo, svolgendo funzioni di segreteria e coordinamento tra i vari uffici e la direzione.
Tuttavia, con il passare del tempo, ha dovuto fare i conti con una realtà ben diversa da quella che si era immaginato. Il problema principale, come racconta, è legato al comportamento del datore di lavoro, una figura che definisce “esigente” nel senso meno positivo del termine. Marco spiega che spesso non vengono rispettati i confini tra orario lavorativo e tempo personale: chiamate a qualsiasi ora, messaggi fuori contesto e richieste che travalicano la professionalità.
La situazione è andata peggiorando, fino a quando – in occasione dell’ennesima richiesta giudicata assurda – Marco ha deciso di non rimanere più in silenzio. Racconta di aver risposto direttamente al capo, dicendogli con chiarezza ciò che pensa e mettendo in evidenza quanto certi atteggiamenti risultino inappropriati e irrispettosi nei confronti dei dipendenti.
Ha scelto di inviare la conversazione per testimoniare una realtà che, purtroppo, è ancora molto diffusa in diversi ambienti di lavoro. Una condizione che vede i lavoratori sottoposti a continue pressioni e a richieste che spesso esulano dai limiti contrattuali, come se la disponibilità personale dovesse essere automatica e costante. Un racconto che vuole mostrare la quotidianità di chi lavora con dedizione ma si ritrova a dover difendere il proprio tempo e la propria dignità.
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