Fonte: Pixabay
Per anni abbiamo pensato che i gatti arancioni fossero solo dei Garfield in miniatura, affamati e pigri per natura. Ma dietro quel mantello rossiccio si nasconde molto più di un amore per le lasagne: c’è un segreto genetico che finalmente è stato svelato. Dopo oltre 60 anni di teorie più o meno sensate, la scienza ha individuato il pezzo mancante del puzzle felino.
Il protagonista è un gene chiamato Arhgap36. Non è famoso come il gene della longevità o quello dei super muscoli, ma tra i gatti arancioni è una vera star. I ricercatori hanno scoperto che nelle cellule della pelle di questi mici, Arhgap36 lavora fino a 13 volte di più rispetto a quelli di colore diverso. E quando un gene si dà così tanto da fare, il risultato si vede: pelo brillante, acceso, inconfondibile.
La mutazione responsabile si trova sul cromosoma X. Dettaglio non da poco, considerando che i maschi ne hanno solo uno. Questo significa che quando capita su di loro, la mutazione si esprime in modo totale: ed ecco il gatto arancione, senza compromessi. Le femmine, invece, giocano su due tavoli. Avendo due cromosomi X, alcune cellule esprimono la mutazione, altre no.
Ed è qui che entrano in scena i celebri mantelli calico e tartarugati. Quei mix di arancione, nero e bianco che sembrano disegnati da un artista astratto non sono altro che il risultato di questa alternanza genetica. In rarissimi casi, anche le femmine possono essere completamente arancioni, ma devono ereditare la mutazione da entrambi i genitori.
Questo spiega anche perché i gatti arancioni sono spesso maschi. Non è una leggenda metropolitana, ma una semplice questione di genetica. La scienza, a volte, è meno romantica di quanto vorremmo.
Ora, perché questo gene rende il pelo arancione? Tutto dipende da una battaglia tra pigmenti. Il gene Arhgap36, quando è iperattivo, interferisce con la produzione di eumelanina, il pigmento responsabile del colore scuro. A quel punto entra in scena la feomelanina, più chiara e tendente al rosso. Ed ecco il risultato: un felino dal pelo caldo come un tramonto estivo.
È interessante notare come questo meccanismo non modifichi direttamente un gene strutturale, ma si limiti a regolare l’espressione. Un piccolo cambio con effetti vistosi: insomma, il trucco c’è, e stavolta si vede eccome.
I ricercatori non hanno solo svelato il mistero cromatico, ma anche aggiunto un nuovo tassello alla comprensione dell’espressione genica nei mammiferi. Per chi ama i gatti, questa è la scusa perfetta per continuare a fotografare il proprio micio arancione sotto ogni luce possibile, in nome della scienza ovviamente.
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E per chi si chiedeva se fosse tutto merito di qualche incrocio fortunato, ora la risposta è chiara: i gatti arancioni non sono speciali solo nell’aspetto, ma anche nel DNA. Certo, questo non spiega perché si sentano sempre i padroni di casa. Ma per quello, forse, servirà un altro studio. Genetico o psicologico. Magari entrambi.
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