Gli umani possono sviluppare un sesto senso, lo rivela uno studio

Persone vedenti e non vedenti opportunamente addestrate hanno imparato ad orientarsi attraverso l’ecolocalizzazione

 

Gli esseri umani hanno un sesto senso latente che può essere sviluppato con l’addestramento. Oltre ai cinque sensi canonici, quali vista, udito, tatto, gusto e olfatto, l’organismo possiede un’ulteriore capacità sorprendente con cui può esplorare il mondo circostante: l’ecolocalizzazione, finora principalmente associata a specie animali come pipistrelli e delfini.

“Vedere” attraverso l’eco di un suono

Questa abilità permette di “vedere” attraverso l’emissione di suoni e l’interpretazione degli echi che tornano indietro, riflettendo la forma e la posizione degli oggetti circostanti.

Uno studio della Durham University, pubblicato sulla rivista Public Library of Science Journal One, ha esaminato come le persone con problemi di vista possano utilizzare l’ecolocalizzazione per orientarsi.

Un esperimento ha coinvolto 26 partecipanti, inclusi sia individui non vedenti dalla nascita o dalla prima infanzia (12 partecipanti) sia individui vedenti (14 partecipanti). Il programma di formazione si è esteso per 20 sessioni, ciascuna della durata di circa 2-3 ore. L’addestramento si è concentrato sull’ecolocalizzazione basata sullo schiocco della lingua, una tecnica che implica l’emissione di brevi suoni con la bocca e l’interpretazione delle variazioni negli echi di ritorno. I partecipanti sono stati sottoposti a diverse attività, incluso orientarsi in labirinti complessi e l’identificazione delle dimensioni e dell’orientamento di oggetti, il tutto basandosi unicamente sugli echi.

Una capacità presente in vedenti e non vedenti

I risultati dello studio hanno evidenziato notevoli miglioramenti nelle capacità di ecolocalizzazione per tutti i partecipanti, indipendentemente dall’età o dalla capacità visiva. In particolare, gli individui non vedenti hanno riportato un aumento della mobilità, dell’indipendenza e del benessere generale dopo l’addestramento. Alcuni dei partecipanti, anche quelli con poche settimane di esperienza, hanno raggiunto livelli di performance simili a quelli di esperti ecolocalizzatori che praticavano questa abilità da anni. I ricercatori hanno osservato che l’età avanzata non ha rappresentato un ostacolo significativo all’apprendimento di questa competenza.

Un aspetto cruciale dello studio ha riguardato l’analisi delle modifiche cerebrali associate all’apprendimento dell’ecolocalizzazione. Scansioni MRI effettuate prima e dopo il periodo di addestramento hanno rivelato una notevole plasticità cerebrale. Sia nei partecipanti vedenti che in quelli non vedenti, è stata riscontrata un’attivazione aumentata della corteccia uditiva in risposta ai suoni, e, in particolare, una riorganizzazione della corteccia visiva primaria (V1), che ha mostrato sensibilità agli echi sonori.

Le possibili applicazioni future

Questo suggerisce che il cervello umano può riallocare le sue risorse e adattarsi in modi precedentemente ritenuti impossibili o che richiedevano un training molto più esteso, dimostrando che la capacità di una primaria area sensoriale di rispondere a input da una diversa modalità (come gli echi sonori) è una caratteristica normale del cervello adulto umano.

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Questa scoperta ha implicazioni significative, specialmente per le persone che soffrono di perdita progressiva della vista, in quanto dimostra che il cervello può adattarsi con successo all’apprendimento dell’ecolocalizzazione, indipendentemente da quando questa abilità viene acquisita.

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