Fonte: Pixabay
In un’epoca dominata dai social media, condividere contenuti senza prima leggerli è una pratica sorprendentemente diffusa. Secondo uno studio condotto da un team di ricercatori della Penn State, circa il 75% dei link condivisi su Facebook tra il 2017 e il 2020 sono stati diffusi senza che gli utenti abbiano cliccato per leggere il contenuto. Questa tendenza, più accentuata con i contenuti politici, evidenzia un problema profondo nell’ecosistema digitale: la superficialità con cui si consumano le informazioni, spesso con conseguenze pericolose.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Human Behavior, ha analizzato oltre 35 milioni di post pubblici condivisi su Facebook. I risultati mostrano che i contenuti politici – sia di destra che di sinistra – sono condivisi senza essere letti con una frequenza maggiore rispetto a quelli neutrali. Questo comportamento sembra indicare che gli utenti si affidano a titoli e descrizioni piuttosto che al contenuto vero e proprio, una pratica che può favorire la diffusione di disinformazione.
Secondo S. Shyam Sundar, autore principale dello studio, questa scoperta è stata scioccante: “Pensavo che condividere significasse leggere, riflettere e supportare il contenuto. Scoprire che il 75% delle condivisioni avviene senza cliccare è stato sorprendente e inquietante”.
L’accesso ai dati di Facebook è stato possibile grazie a Social Science One, un consorzio di ricerca ospitato presso la Harvard University, che collabora con Meta (l’azienda madre di Facebook) per garantire l’uso etico e responsabile delle informazioni.
Lo studio ha utilizzato il machine learning per analizzare i contenuti condivisi, classificandoli su una scala di affinità politica che va da “molto liberale” a “molto conservatore”. È emerso che maggiore è l’allineamento politico tra l’utente e il contenuto, più alta è la probabilità che il link venga condiviso senza cliccare.
Questo comportamento alimenta un problema significativo: le fake news. Tra i 35 milioni di link analizzati, quasi 3.000 URL contenevano informazioni false, condivise oltre 41 milioni di volte senza essere lette. In particolare, il 76,94% di queste condivisioni proveniva da utenti conservatori, mentre il 14,25% da utenti liberali. Secondo i ricercatori, l’82% delle fake news nel dataset analizzato proveniva da fonti conservatrici.
Per contrastare il fenomeno della condivisione senza lettura, Sundar propone di introdurre misure che creino “attrito” nei social media, come richieste di conferma che l’utente abbia letto il contenuto prima di condividerlo. Questo potrebbe ridurre la diffusione impulsiva di contenuti falsi o manipolatori.
Tuttavia, Sundar sottolinea che la responsabilità finale spetta agli utenti, i quali devono diventare più consapevoli di ciò che condividono: “Le campagne di disinformazione mirano a seminare dubbi e divisioni nelle democrazie. Condividere senza leggere contribuisce involontariamente a queste operazioni, spesso orchestrate da attori ostili”.
La ragione principale sembra essere l’overload informativo. Bombardati da una quantità eccessiva di contenuti, gli utenti spesso non trovano il tempo di approfondire. In questo contesto, le fake news hanno terreno fertile per diffondersi rapidamente. Educare gli utenti alla consapevolezza digitale e alla media literacy è quindi fondamentale per contrastare questo fenomeno.
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