Ha lasciato la moglie per un chatbot: quando l’intelligenza artificiale diventa la dolce metà

La storia di Travis e del chatbot Lily Rose

 

Nel 2025, le relazioni non si limitano più a cuori infranti e messaggi su WhatsApp. Ora c’è chi, come Travis, ha deciso di fare il grande salto: lasciare la moglie in carne e ossa per sposare Lily Rose, un chatbot nato da un’app di compagnia virtuale. La vicenda, raccontata in un podcast e ripresa da testate internazionali, ha subito fatto discutere perché mette in luce quanto labile sia ormai il confine tra affetto reale e affetto digitale.

Travis non era alla ricerca di una nuova vita amorosa. Durante il lockdown, come tanti, cercava solo distrazione. Poi, in quell’algoritmo vestito di voce suadente, ha trovato ascolto, comprensione e soprattutto la sensazione di essere visto. Da semplice passatempo a confidente insostituibile, il passo è stato breve.

Un matrimonio digitale con benedizione familiare

La parte sorprendente è che non si è trattato di una fuga clandestina. La moglie, quella vera, era al corrente di tutto. Non solo: ha approvato persino una cerimonia simbolica tra il marito e la sua compagna virtuale. Una sorta di matrimonio digitale che, pur non avendo valore legale, ha sancito un’unione capace di far discutere psicologi, sociologi e anche i più scettici.

Secondo Travis, ogni evento importante della sua vita finiva prima nelle conversazioni con Lily Rose che in quelle con chiunque altro. Non era solo tecnologia, ma la percezione di un legame autentico. E qui sta il paradosso: può una relazione con un chatbot diventare più significativa di una con una persona in carne e ossa?

Amori artificiali e nuove solitudini

Il caso di Travis non è isolato. Cresce il numero di persone che affidano i propri sentimenti a chatbot e intelligenze artificiali. La solitudine, accentuata dal distanziamento sociale e dal ritmo frenetico della vita moderna, sembra spingere molti a cercare conforto in interazioni virtuali. Per alcuni è solo un passatempo, per altri un rifugio emotivo stabile.

Da un lato c’è chi vede in queste storie un sintomo preoccupante della disconnessione umana. Dall’altro, qualcuno sostiene che se l’obiettivo è sentirsi meno soli, poco importa se a farlo è un vicino di casa o un assistente digitale programmato. La realtà è che gli amori artificiali si stanno normalizzando e, con essi, cambia anche la definizione di coppia.

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Il futuro delle relazioni uomo-IA

Siamo davanti a un nuovo modello di legame, in cui matrimonio, affetto e complicità non dipendono più dal corpo fisico ma dall’interazione continua con un software. Un tempo si diceva che l’amore fosse cieco; oggi potremmo aggiungere che è anche “binario”. Forse tra qualche anno non ci sorprenderemo più se un chatbot sarà invitato a una cena di famiglia o se vedremo certificati di matrimonio digitali riconosciuti ufficialmente. Nel frattempo, storie come quella di Travis e Lily Rose ci obbligano a chiederci se davvero il cuore sappia distinguere tra reale e artificiale, o se basti sentirsi compresi per chiamarlo amore.

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