Fonte: Pixabay
Quando si parla di igiene personale spesso non consideriamo che i prodotti che usiamo hanno una data di scadenza. Tra questi c’è anche il dentifricio. Lavarsi i denti è fondamentale per la nostra igiene orale, ma non sempre si considera che il dentifricio ha una data di scadenza.
In generale il dentifricio ha una durata di due anni dalla data di produzione, ma utilizzarlo dopo questo periodo di tempo non significa che è diventato dannoso, ma che i suoi componenti hanno perso la massima efficacia e qualità per la pulizia dei denti. Questo vale soprattutto per le paste che contengono fluoro, l’ingrediente principale per prevenire e rafforzare lo smalto indebolito.
Utilizzare un dentifricio scaduto può comportare una perdita di consistenza e sapore della pasta, oltre alla capacità di prevenire la carie. Per mantenere l’efficacia del prodotto fino alla data di scadenza, è consigliato tenere il tubetto in un luogo fresco e asciutto, lontano a fonti di calore e dalla luce diretta. Acquistarne il giusto quantitativo per volta assicura che il dentifricio verrà consumato entro un periodo di tempo congruo, evitando che scada prima del suo utilizzo.
Il primo riferimento noto che potrebbe riferirsi ad un prodotto per la pulizia dei denti si trova in un manoscritto egizio del IV sec. a.C. che prevedeva una miscela di fiori di iris. Tuttavia dentifrici o polveri per l’igiene orale non si sono diffusi fino al XIX secolo, quando in Gran Bretagna sono state introdotte polveri per denti usate assieme a rudimentali spazzolini. Per la maggior parte erano fatte in casa, usando come ingredienti gesso, mattoni polverizzati, o sale.
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Un’enciclopedia del 1866 raccomandava come ingrediente il carbone polverizzato, ed avvertiva che molte polveri per denti brevettate e lanciate come prodotto sul mercato erano state più dannose che efficaci. Dentifrici preconfezionati furono commercializzati nel XIX secolo, ma non superarono la popolarità della polvere per denti fino alla prima guerra mondiale.
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