Fonte: Wikipedia
Dietro la patina scintillante e il fascino senza tempo de Il Mago di Oz, capolavoro del 1939 amato da intere generazioni, si nasconde una realtà ben meno incantata. Le scene che ci hanno fatto sognare da bambini sono state, per gli attori e la troupe, un incubo a occhi aperti: tra neve fatta di amianto, trucchi tossici, incidenti gravissimi e costumi infernali, le riprese del film sono state una prova di sopravvivenza più che una favola hollywoodiana.
In una delle scene più memorabili del film, Dorothy viene salvata da una misteriosa nevicata nel bel mezzo di un campo di papaveri incantati. Ma quello che per il pubblico appare come un tocco poetico, nella realtà del set era tutt’altro che magico: la “neve” che cadeva dolcemente era in realtà costituita da fibre di amianto crisotilo. All’epoca, l’amianto era largamente utilizzato per le sue proprietà ignifughe e per l’effetto visivo realistico. Peccato che si trattasse di un materiale altamente tossico e cancerogeno, le cui polveri sottili, se inalate, possono causare gravi patologie polmonari come l’asbestosi e il mesotelioma.
Il rischio non si limitava alla nevicata. Anche il costume dello Spaventapasseri conteneva amianto, usato per proteggere l’attore da possibili incendi sul set. Un dettaglio che oggi fa rabbrividire, ma che allora era considerato una prassi accettabile.
Margaret Hamilton, l’iconica Strega dell’Ovest dal volto verde, fu vittima di uno dei più gravi incidenti sul set. Durante una scena in cui il personaggio scompare tra fumo e fiamme, un errore nei tempi della pirotecnica fece partire le fiamme prima che l’attrice fosse uscita di scena. Il risultato? Ustioni di secondo e terzo grado su viso e mani. Come se non bastasse, il trucco verde a base di rame, altamente tossico, peggiorò ulteriormente le sue condizioni. Dopo settimane di convalescenza, la Hamilton tornò a recitare ma rifiutò categoricamente di partecipare ad altre scene con il fuoco.
E non è l’unico caso. Buddy Ebsen, attore originariamente scelto per interpretare l’Uomo di Latta, dovette abbandonare il ruolo dopo aver inalato la polvere d’alluminio contenuta nel trucco che gli ricopriva il viso. L’intossicazione fu così grave da causargli problemi respiratori cronici e un ricovero d’urgenza in ospedale. Venne poi sostituito da Jack Haley, al quale fu applicato un trucco simile, ma meno polveroso.
Le difficoltà non si fermavano ai trucchi e agli effetti speciali. I costumi stessi erano delle vere e proprie torture fisiche. Il Leone Codardo, interpretato da Bert Lahr, indossava un costume realizzato in vera pelliccia di leone: un indumento che pesava oltre 40 chilogrammi e che, sotto le luci incandescenti dei teatri di posa, lo faceva sudare in continuazione. Lo Spaventapasseri, invece, era avvolto in un abito imbottito di paglia ruvida, che irritava la pelle e rendeva i movimenti difficoltosi.
Le riprese avvenivano in ambienti caldissimi, illuminati da luci potentissime per ottenere il Technicolor brillante che rese il film iconico. Gli attori, già costretti a recitare in costumi pesanti e truccati con sostanze tossiche, spesso si trovavano a girare per ore in condizioni estreme, con scarsissima attenzione alla sicurezza e al benessere fisico.
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Il Mago di Oz è ancora oggi considerato un pilastro della storia del cinema, amato per la sua estetica unica, i personaggi indimenticabili e la capacità di farci viaggiare “oltre l’arcobaleno”. Ma dietro quella perfezione formale si celano episodi di sofferenza, condizioni lavorative inaccettabili e una totale mancanza di tutele per attori e maestranze.
Un prezzo altissimo è stato pagato affinché noi potessimo goderci la magia del film. È importante ricordare che, all’epoca, l’industria cinematografica non disponeva delle normative di sicurezza odierne. E proprio per questo, la realizzazione di un classico come Il Mago di Oz ci racconta anche una pagina oscura della storia del cinema, fatta di silenzi, sacrifici e rischi sottovalutati.
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