Fonte: Pixabay
Il termine “OK” è universalmente usato nel mondo per esprimere approvazione, conferma e accordo su qualcosa. L’origine dell’acronimo è controversa e ci sono diverse interpretazioni.
La più diffusa è quella legata alla guerra civile americana che si svolse nel XIX secolo. Al termine delle battaglie, quando gli eserciti rientravano al campo, si segnava su una lavagnetta il numero di morti e feriti. Nel caso in cui non ci fossero soldati uccisi, si scriveva “0 Killed” (zero uccisi), abbreviato in OK, stando ad indicare che tutto andava bene.
Altre interpretazioni invece fanno risalire il termine alle mode linguistiche di Boston negli anni ’30 dell’Ottocento. All’epoca, era comune tra i giovani adulti e i giornalisti creare abbreviazioni ironiche di espressioni, intenzionalmente scritte in modo errato. La prima apparizione pubblica nota del termine “ok” con il significato attuale risale al 23 marzo 1839, sul The Boston Morning Post. Il giornale era solito inventare degli acronimi che volutamente non corrispondevano all’ortografia. In questo contesto, nacque “OK” come abbreviazione scherzosa di “oll korrect”, una versione volutamente sbagliata di “all correct”.
La parola a poco a poco si diffuse e cominciò ad essere di uso comune, tanto che entrò anche negli uffici pubblici, trovando la sua affermazione definitiva. I funzionari infatti lo utilizzavano su documenti per indicare che tutto era in ordine.
Col tempo, “OK” si è trasformato in una delle espressioni più riconoscibili e utilizzate a livello globale, superando le barriere linguistiche e culturali. La sua semplicità e versatilità ne hanno garantito la sopravvivenza e l’adattabilità nei più svariati contesti comunicativi, dal linguaggio parlato a quello digitale.
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In Italia l’acronimo O.K. comparve per la prima volta nel 1931 nella sesta edizione del Dizionario Moderno di Alfredo Panzini, sciolto in “all correct”. Il termine OK cominciò a diffondersi nella penisola insieme allo sbarco delle truppe statunitensi in Sicilia.
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