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Per anni abbiamo moltiplicato l’età del nostro cane per sette, convinti di ottenere così una stima attendibile della sua età “umana”. Una formula semplice, comoda, quasi poetica. Ma, ahimè, completamente sbagliata. Uno studio condotto dall’Università della California di San Diego, in collaborazione con il Moores Cancer Center, ha messo in discussione questa convinzione popolare e ha proposto un metodo ben più scientifico e accurato.
Il team di ricerca guidato da Trey Ideker ha analizzato 104 Labrador Retriever di età compresa tra le 4 settimane e i 16 anni. L’obiettivo? Capire come cambia il DNA canino con il passare del tempo e trovare un confronto affidabile con l’invecchiamento umano. Non parliamo di semplici osservazioni comportamentali, ma di una vera e propria analisi molecolare. Gli scienziati si sono concentrati su particolari marcatori chimici del DNA, i cosiddetti gruppi metilici.
I gruppi metilici sono responsabili dell’attivazione o disattivazione di alcuni geni. Sebbene la sequenza del DNA rimanga invariata nel tempo, questi marcatori si accumulano progressivamente nel genoma di ogni individuo, modificandone l’espressione genetica. Ed è proprio qui che i ricercatori hanno trovato la chiave per un confronto più accurato tra età canina e umana.
Il risultato principale? I cani invecchiano molto più rapidamente durante i primi anni di vita, per poi rallentare con l’avanzare dell’età. Secondo i dati raccolti, un cucciolo di otto settimane ha un’età fisiologica paragonabile a quella di un bambino di circa nove mesi. Un cane di un anno? Equivale a un trentenne. E se ha quattro anni, la sua età “umana” è già di 52 anni. Ma attenzione: superati i sette anni, questo ritmo frenetico si attenua sensibilmente, al punto che l’invecchiamento dei cani anziani risulta addirittura più lento rispetto a quello degli esseri umani.
Per visualizzare questi dati, i ricercatori hanno anche realizzato un grafico di correlazione tra l’età canina e quella umana. Basta cercare l’età del cane sull’asse orizzontale, seguire la curva rossa e leggere il valore corrispondente sull’asse verticale. Uno strumento utile e intuitivo, che può rivoluzionare il modo in cui interpretiamo la vita dei nostri amici a quattro zampe.
Oltre a smentire il vecchio rapporto 1:7, lo studio ha implicazioni concrete per la medicina veterinaria. Molti veterinari, infatti, continuano a utilizzare la vecchia formula per stabilire diagnosi, definire piani terapeutici e impostare trattamenti farmacologici. Ma se la percezione dell’età è sbagliata, anche le cure rischiano di essere inadeguate.
Capire come invecchiano i cani, e farlo a livello molecolare, permette di intervenire in modo mirato con trattamenti personalizzati e, in prospettiva, di migliorare la qualità e la durata della loro vita. In altre parole, si apre la strada a una veterinaria più precisa, meno generica, e basata su dati scientifici aggiornati.
C’è però un aspetto da non trascurare. La ricerca ha coinvolto esclusivamente Labrador Retriever, una razza popolare, sì, ma non certo rappresentativa dell’intera popolazione canina. Ci sono razze che vivono più a lungo, come i Chihuahua, e altre che invecchiano più in fretta, come i Mastini. Per questo motivo, gli autori dello studio hanno sottolineato la necessità di estendere l’analisi anche ad altre razze, per verificare se il modello di invecchiamento scoperto possa essere applicato in modo universale.
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