Benvenuti a Mannheim, la cittadina a cui dobbiamo sia la bici che l’auto

Mannheim: dove nacquero bici e auto

 

Prima che diventasse una città con più piste ciclabili che parcheggi, Mannheim era solo un tranquillo insediamento sulla mappa tedesca. Poi, nel 1817, un tale Karl Drais decise che camminare era sopravvalutato e i cavalli erano troppo affamati. Così prese due ruote, un telaio di legno e un pizzico di disperazione climatica (grazie a un vulcano esploso in Indonesia) e inventò un aggeggio chiamato laufmaschine. Tradotto: “macchina da corsa”, ma tranquilli, niente motore.

L’idea era semplice: spingersi coi piedi, come quando si impara a usare il monopattino da bambini. Solo che Drais non era un bambino, era un barone con inclinazioni da inventore e il bisogno urgente di trovare un’alternativa all’animale da tiro. I raccolti erano saltati, i cavalli diventavano bistecche e l’umanità doveva reinventarsi. Nasce così la draisina: rumorosa, traballante, in legno, ma molto più veloce delle suole.

Bicicletta e rivoluzioni (con e senza catena)

Peccato che il mondo non fosse pronto. Le strade sembravano percorsi di guerra, la draisina era vietata in mezzo mondo e Drais finì in disgrazia. Ma l’idea, si sa, non ha bisogno di passaporto. Decenni dopo, dei francesi con nomi da manuale di storia (Michaux, per la precisione) attaccarono dei pedali alla draisina e nacque il velocipede. O, per gli amici, lo “scuotiossa”.

A quel punto la bici divenne un fenomeno sociale. Con qualche modifica — ruote uguali, catena a rulli, niente più salti nel vuoto — si trasformò in un mezzo di libertà. Soprattutto per le donne, che finalmente poterono muoversi senza accompagnatori, senza corsetti e senza chiedere il permesso a nessuno. Un mezzo di trasporto diventava anche uno strumento di emancipazione. Susan B. Anthony ringrazia.

Dalle due ruote a benzina: quando la mobilità cominciò a fare rumore

Ma Mannheim non si accontentava di aver messo il mondo sui pedali. Qualche decennio dopo, nel 1885, un altro Karl con manie di grandezza mise insieme un motore a benzina e tre ruote. Sì, perché le quattro erano ancora un lusso. Karl Benz costruì il primo veicolo a motore e decise che avrebbe rivoluzionato i trasporti. Spoiler: lo fece.

Il primo prototipo si guidava con difficoltà e si schiantava spesso, ma non si lasciò scoraggiare. E neanche sua moglie, Bertha, che nel 1888 fece il primo road trip della storia, attraversando la Germania con i figli e senza autorizzazione. Una madre moderna ante-litteram, una testimonial perfetta della mobilità indipendente.

Mannheim oggi: più che un museo, una lezione su ruote

Oggi Mannheim è una città che sa di futuro, ma profuma di storia. Ha un museo (il Technoseum), un percorso dedicato a Bertha Benz e una fitta rete di piste ciclabili. In pratica, il paradiso per ogni urbanista con una coscienza ecologica. Ma è anche il posto dove due menti geniali, nate entrambe a Karlsruhe, hanno cambiato per sempre il nostro modo di muoverci.

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Una inventò la bici per sopravvivere, l’altro l’auto per innovare. Insieme hanno trasformato una città di provincia in una capitale della mobilità. E chissà, magari tra un secolo qualcuno racconterà che anche il primo taxi volante è partito da lì. D’altronde a Mannheim le ruote hanno sempre girato un po’ prima che altrove.

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