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Nel panorama delle relazioni digitali, l’orbiting è un fenomeno sempre più diffuso. Dopo la fine di una storia, può capitare che uno dei due ex non sparisca del tutto, ma continui a mantenere una presenza costante attraverso i social media, senza però riprendere un contatto reale. Questo comportamento si traduce in like, visualizzazioni delle storie, commenti sporadici e altre interazioni digitali che impediscono all’altra persona di chiudere definitivamente la relazione.
L’orbiting si distingue dal ghosting, che implica una scomparsa totale e improvvisa. Chi pratica orbiting, invece, non si allontana completamente, ma continua a orbitare attorno all’ex con segnali ambigui che lasciano spazio a interpretazioni fuorvianti. Questo atteggiamento può essere motivato da diverse ragioni: in alcuni casi, l’orbiter è semplicemente insicuro e incapace di prendere una decisione chiara, mentre in altri casi potrebbe essere un comportamento manipolatorio, tipico di personalità narcisistiche che vogliono mantenere un certo controllo sull’ex partner. In altri ancora, può essere una semplice questione di noia o bisogno di attenzioni.
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Gli effetti di questa dinamica possono essere frustranti e dannosi. La persona orbitata (l’orbitee) può vivere una sensazione di incertezza e ambiguità, faticando a comprendere se ci sia ancora un reale interesse da parte dell’ex. Questo stato di confusione può ostacolare il processo di guarigione emotiva e creare ansia, bassa autostima e difficoltà a fidarsi di nuove persone. Affrontare l’orbiting richiede consapevolezza e determinazione. Il primo passo è riconoscere che si tratta di un comportamento tossico, che non porta alcun beneficio emotivo. La soluzione più efficace è tagliare i ponti, ignorando le interazioni virtuali dell’orbiter, evitando di dare importanza ai suoi segnali e, se necessario, bloccandolo sui social per impedire ulteriori intrusioni nella propria vita. Solo così si può recuperare la serenità e aprirsi a nuove relazioni più sane e autentiche.
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