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Nel mondo occidentale siamo abituati a contare tutto: gli anni, i risultati, persino i “passi avanti” degli altri su Instagram. In Giappone, invece, esiste una parola che smonta questa ansia da prestazione: Oubaitori (桜梅桃李). Letteralmente, il termine unisce quattro alberi – ciliegio, prugno, pesco e albicocco – ognuno dei quali fiorisce a modo suo, in tempi diversi.
Nessuno corre per arrivare primo, eppure tutti insieme creano la primavera. Ecco il messaggio: non siamo in ritardo, stiamo solo fiorendo secondo il nostro ritmo naturale. Il problema è che, abituati al cronometro sociale, fatichiamo ad accettarlo. Ogni volta che qualcuno ci chiede “E il lavoro? E il fidanzato?”, parte una piccola crisi esistenziale da calendario scaduto.
Nella cultura giapponese, oubaitori è un invito alla calma: non c’è un’età giusta per vivere bene. Non serve laurearsi a 23 anni, sposarsi a 30 o cambiare carriera prima dei 40. Anche chi arriva tardi alla festa, se porta qualcosa di autentico, è sempre il benvenuto.
Lo dimostrano esempi celebri come Andrea Camilleri, diventato un autore di bestseller dopo i 70 anni. Insomma, la fioritura tardiva non è un difetto, è solo una stagione diversa. Il confronto, invece, è una trappola. Uno studio americano ha rivelato che quasi un terzo delle donne si confronta ogni giorno con le altre. Colpa dei social, certo, ma anche di quella vocina interiore che dice: “dovevo essere già lì”.
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Applicare l’oubaitori alla vita quotidiana non richiede una fuga in un tempio zen, ma un piccolo atto di disobbedienza: smettere di confrontarsi. Basta con il paragone costante, via le notifiche tossiche e avanti con un po’ di autogratitudine. Scrivere, respirare, accettarsi: tre azioni semplici, ma rivoluzionarie. Perché alla fine, ogni fiore ha il suo tempo. E, spoiler: nessuno ti giudicherà per essere sbocciato a novembre.
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