Perché proviamo dolore? L’importanza di questo meccanismo

La capacità di provare dolore è alla base della sopravvivenza: ecco perché

 

Alzi la mano chi pagherebbe oro pur di evitare di provare dolore per il resto della propria vita. Eppure, rinunciarci non vi conviene affatto: per quanto si tratti di una sensazione decisamente spiacevole, infatti, la percezione del male è altrettanto importante per la nostra sopravvivenza.

Fabrizio Benedetti, professore di neurofisiologia all’Università di Torino, ha spiegato che senza provare dolore “saremmo continuamente esposti a stimoli nocivi e il corpo ne sarebbe danneggiato fino anche alla morte“. In realtà, esiste una rarissima malattia congenita, che fa sì che le persone che ne sono affette non provino alcun tipo di male. Si tratta della cosiddetta “insensibilità congenita al dolore”, in cui alcune mutazioni genetiche compromettono lo sviluppo delle fibre nervose, resposabili della trasmissione della sensazione di dolore dal corpo al cervello.

Il profondo legame tra sofferenza fisica ed emotiva

Le conseguenze di questa patologia possono rivelarsi a dir poco drammatiche. Chi ne è affetto, infatti, spesso non riesce a raggiungere l’età adulta, poiché è frequentemente vittima di gravi incidenti dettati dall’esposizione a situazioni di rischio, non percepite come tali proprio a causa dell’incapacità di provare dolore.

Non a caso, questa esperienza spiacevole è legata al senso di pericolo: è proprio la consapevolezza che qualcosa potrebbe farci male a tenerci lontani e a spingerci ad adottare un atteggiamento prudente. Il dolore, quindi, ci salva la vita. Esiste un’ulteriore condizione patologica che compromette la capacità di sentire il dolore, e che ha svelato il profondo legame tra sofferenza fisica ed emotiva: l’asimbolia per il dolore. I pazienti “sono perfettamente in grado di rilevare la presenza di uno stimolo dolorifico e sanno localizzarlo, ma non provano alcuna sofferenza“.

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Benedetti ha spiegato che “se non provassimo dolore fisico saremmo meno ansiosi e stressati, e tuttavia anche le altre reazioni emotive sarebbero attutite. Quando si vede una persona che soffre si attivano le stesse aree del sistema limbico che generano il nostro dolore fisico“. Il dolore, quindi, è alla base dell’empatia: se la sofferenza scomparisse, la nostra società sarebbe decisamente più cinica e individualista.

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