Fonte: Wikipedia
Nel panorama delle previsioni economiche, poche figure sorprendono quanto Samuel Benner, un semplice agricoltore americano vissuto nel XIX secolo. Dopo essere stato travolto dal crollo finanziario del 1873, Benner non si arrese al fallimento. Decise invece di indagare a fondo sulle dinamiche cicliche dell’economia, ponendo le basi per una teoria che, a distanza di un secolo e mezzo, continua a suscitare interesse tra investitori e analisti.
Benner osservò a lungo il comportamento dei mercati, concentrandosi in particolare sull’andamento dei prezzi delle materie prime come ferro, mais e bestiame. Questi beni, fondamentali per l’economia del tempo, mostravano pattern ricorrenti nel tempo. Da queste osservazioni nacque la sua teoria, che associava l’oscillazione dei prezzi a cicli regolari, in parte legati anche a fenomeni naturali, come i cicli solari di 11 anni, noti per la loro influenza sul clima e quindi sulla resa agricola.
Nel 1875 Benner pubblicò un grafico che chiamò “Periods When to Make Money”, uno strumento visivo che suddivideva gli anni in tre categorie chiave. La prima, gli “anni di panico”, rappresentava quei momenti di estrema instabilità, in cui le emozioni prevalevano sulla razionalità, generando vendite di massa o acquisti eccessivi. La seconda, gli “anni di prosperità”, identificava le fasi in cui i prezzi raggiungevano il loro picco, ideali per vendere e trarre profitto. Infine, gli “anni difficili” indicavano i punti più bassi dei cicli, nei quali, secondo Benner, era saggio investire in vista di una futura ripresa.
Il valore della sua intuizione è stato confermato nel tempo. I grafici basati sul suo modello hanno mostrato una coerenza sorprendente con i cicli reali dei mercati, riuscendo ad anticipare eventi come i minimi del 1995, 2003, 2012 e 2019, così come i massimi del 2000, 2010 e 2018. Questa regolarità ha portato molti studiosi a confrontare le sue previsioni con le sequenze numeriche di Fibonacci, notando una corrispondenza quasi perfetta. Le due teorie, pur nate in contesti diversi, sembrano dialogare armoniosamente nel descrivere i ritmi nascosti dell’economia.
La lezione più forte lasciata da Benner è tanto semplice quanto trascurata: investire quando tutti fuggono e vendere quando regna l’euforia. Una massima che contrasta con il comportamento di molti investitori moderni, spesso guidati dall’emotività anziché da una visione a lungo termine. La tendenza comune è quella di comprare durante i rialzi per paura di “perdere il treno” e vendere nel panico durante le discese. Un atteggiamento opposto rispetto alla strategia suggerita dal modello di Benner.
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Oggi, nell’era delle tecnologie finanziarie e dell’intelligenza artificiale, il pensiero di un agricoltore ottocentesco può sembrare anacronistico. Eppure, la sua intuizione si dimostra ancora attuale: l’economia non è lineare, ma ciclica, fatta di salite e discese che si susseguono con una regolarità spesso sottovalutata. Per chi sa riconoscerle, queste fasi offrono preziose opportunità. Riscoprire il Ciclo di Benner significa significa affidarsi non tanto alla previsione perfetta, quanto alla comprensione profonda del tempo economico. E, forse, imparare che anche nei momenti più bui si nascondono i semi della prossima prosperità.
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