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In un mondo sempre più stressante e dominato dalla connessione digitale, le persone cercano soluzioni alternative per riconnettersi con se stesse e sfuggire alla pressione quotidiana. In Corea del Sud, una proposta piuttosto insolita ha preso piede: un ritiro che simula la vita in prigione, dove i partecipanti si isolano e subiscono privazioni per ritrovare il proprio equilibrio mentale.
Il centro, chiamato “Prison Inside Me”, si trova a Hongcheon, una piccola località non lontana da Seoul, ed è stato creato nel 2013 dall’avvocato Kwon Jong-suk. L’idea di base nasce da un desiderio di fuggire dalla frenesia della vita quotidiana e rifugiarsi in una cella, un concetto che trasforma la reclusione in un’esperienza terapeutica. Il soggiorno, che varia da un minimo di 24 a un massimo di 48 ore, costa circa 80 euro al giorno e offre condizioni di vita estremamente spartane.
I partecipanti sono rinchiusi in piccole celle di appena 5 metri quadrati, dove non ci sono letti ma solo materassi sottili. La dieta è povera, composta principalmente da zuppa di riso e patate dolci al vapore, e l’accesso a dispositivi digitali è vietato. Il silenzio è un aspetto fondamentale di questa esperienza, e la comunicazione con gli altri ospiti non è permessa. Gli unici oggetti concessi sono una penna, un taccuino e un set da tè, che diventano gli unici strumenti per gestire il tempo.
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Questa esperienza attira principalmente studenti e professionisti che vivono in un contesto altamente competitivo e stressante. La Corea del Sud è infatti famosa per il suo ambiente lavorativo intenso e per un sistema scolastico che impone ritmi serrati. Molti partecipanti arrivano al centro con dubbi su cosa aspettarsi, ma spesso dichiarano che la vera prigione non è la cella in cui si trovano, bensì la vita frenetica da cui provengono.
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