Fonte: Pexels
Un nome inventato, zero foto e magari un solo follower: ecco il classico identikit di un profilo fake che appare nelle visualizzazioni delle tue storie. Non è fantascienza digitale, ma una pratica sempre più diffusa. Dietro quegli account si nascondono spesso persone che conosci bene, pronte a sbirciare la tua vita senza mai mostrarsi.
La creazione di profili falsi non nasce solo da un gusto per lo spionaggio social, ma da bisogni molto più profondi. Psicologi e osservatori digitali evidenziano come l’anonimato online diventi lo scudo perfetto per chi teme il giudizio, non riesce a lasciar andare il passato o semplicemente vuole avere tutto sotto controllo.
Ex partner che non riescono a staccarsi, amici curiosi o persino familiari: l’universo di chi usa un account falso per osservare è molto vario. Spesso si tratta di persone che faticano a confrontarsi apertamente e preferiscono nascondersi dietro uno schermo. Guardare da lontano diventa così una sorta di abitudine, un modo per sentirsi presenti senza correre il rischio di esporsi.
Il paradosso è che questo comportamento non offre alcuna vera risposta. Al contrario, alimenta ansia e senso di dipendenza. Chi si rifugia nei profili fake rischia di rinforzare proprio quelle fragilità che vorrebbe nascondere, entrando in un loop difficile da interrompere.
Spiare in incognito non è gratis, almeno dal punto di vista psicologico. Restare incollati alle vite altrui da un account fantasma può aumentare l’isolamento e minare ulteriormente l’autostima. Ogni click nascosto diventa una conferma di non sentirsi abbastanza forti per affrontare il confronto diretto.
In più, questa pratica rischia di diventare un’abitudine difficile da spezzare. L’anonimato crea l’illusione di sicurezza, ma in realtà intrappola in un circolo vizioso fatto di ansia, controllo e confronto costante con l’altro.
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Non serve demonizzare chi usa un profilo fake: dietro quel gesto c’è quasi sempre un disagio che merita di essere compreso. La vera sfida è riconoscere il perché e trovare strategie per recuperare equilibrio. Gestire la curiosità in modo sano, rafforzare la propria autostima e scegliere la trasparenza nei rapporti digitali sono i primi passi per liberarsi da questa dipendenza invisibile. Perché i social possono raccontare molto, ma restano pur sempre un palcoscenico. Vale la pena chiedersi quanto conti davvero sapere tutto degli altri se questo significa perdere di vista se stessi.
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