Fonte: Commentimemorabili.it
Ognuno di noi si è trovato almeno una volta nella vita in situazioni in cui ha provato un certo fastidio per i rumori prodotti da altre persone, come ad esempio una masticazione rumorosa o uno sbadiglio, il tirare su con il naso o il ticchettio di una penna. Quando però il fastidio per i rumori altrui si presenta in maniera costante e provoca reazioni di ansia, disagio o addirittura rabbia, potresti soffrire di misofonia.
Il disturbo, la cui parola significa letteralmente “odio dei suoni”, è una condizione neurologica caratterizzata da risposte emotive, fisiologiche e comportamentali intense e negative a specifici suoni, spesso prodotti da esseri umani, come masticare, respirare, schioccare le labbra o digitare su una tastiera. Questa reazione non è semplicemente una seccatura, ma una vera e propria avversione che può scatenare rabbia, ansia, disagio e persino un desiderio irrefrenabile di fuggire dalla fonte del suono, causando ripercussioni sulla vita quotidiana e sulle interazioni sociali. Le ricerche stimano che tra il 5% e il 20% della popolazione soffra di misofonia, anche se la percentuale potrebbe essere maggiore, in quanto è stato definito un “fenomeno altamente sottostimato”.
Sebbene possa sembrare un fenomeno recente, l’attenzione scientifica verso il disturbo è cresciuta negli ultimi anni, evidenziandone la complessità e l’impatto significativo sulla vita di chi ne soffre.
Le origini esatte della misofonia non sono ancora completamente comprese, ma la ricerca suggerisce un coinvolgimento anomalo nella connettività cerebrale. Studi recenti hanno individuato alterazioni nelle regioni cerebrali associate all’elaborazione delle emozioni e dei suoni, in particolare nella corteccia insulare anteriore (AIC). Questa area del cervello, che integra stimoli sensoriali ed emotivi, sembra essere iperattiva nei soggetti misofonici quando esposti ai loro “suoni trigger”. Questa iperattività può spiegare la risposta di “lotta o fuga” che molti individui sperimentano, in quanto il cervello interpreta questi suoni innocui come una minaccia. È interessante notare che la risposta non è solo emotiva, ma anche fisiologica, con sintomi come aumento della frequenza cardiaca, sudorazione e tensione muscolare.
La misofonia differisce da altre condizioni uditive come l’iperacusia, dove l’orecchio è eccessivamente sensibile a tutti i suoni forti. Nella misofonia, i suoni specifici sono il problema, e spesso sono suoni a basso volume che la maggior parte delle persone ignora.
La condizione si manifesta tipicamente in età pre-adolescenziale o adolescenziale, anche se può emergere a qualsiasi età, e tende a peggiorare nel tempo se non gestita. Nonostante non sia ancora ufficialmente riconosciuta come un disturbo psichiatrico nel DSM-5, la sua crescente consapevolezza sta portando a una maggiore ricerca e allo sviluppo di strategie di gestione.
L’impatto della misofonia sulla qualità della vita può essere profondo. Chi ne soffre può evitare situazioni sociali come pasti in famiglia, lezioni o ambienti di lavoro condivisi per sfuggire ai suoni trigger. Alcuni studi hanno persino suggerito un legame tra la misofonia e un aumentato rischio di depressione.
Leggi anche Fake Shower: l’app che maschera i rumori corporali se siamo al bagno
Attualmente non esiste una cura, ma diverse terapie e strategie di gestione possono aiutare a controllare i sintomi e migliorare la qualità della vita. Queste includono la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), la terapia di ricalibrazione sonora (TRT) e la gestione dello stress.
Share