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Un recente studio condotto dalla Columbia University ha portato alla scoperta di una nuova classe di neuroni situati nel tronco encefalico, la parte più antica del cervello. Questi neuroni hanno un ruolo chiave nella regolazione della sazietà e potrebbero aprire la strada a nuovi trattamenti per il controllo del peso. La ricerca, pubblicata su Cell, è stata condotta su topi, ma gli scienziati ipotizzano che strutture simili possano esistere anche nel cervello umano.
A differenza di altri neuroni che percepiscono la presenza del cibo nella bocca o nell’intestino, questi nuovi neuroni sembrano integrare diverse informazioni per determinare il momento esatto in cui fermarsi. Per identificarli i ricercatori hanno utilizzato una tecnica innovativa di profilazione molecolare su singola cellula che ha permesso di distinguere cellule nervose precedentemente considerate simili.
Per comprendere meglio il loro funzionamento, gli scienziati hanno modificato geneticamente i topi, in modo da poter attivare o disattivare questi neuroni a comando tramite un fascio di luce. I risultati hanno dimostrato che l’attivazione di questi neuroni riduceva significativamente l’assunzione di cibo, con un effetto proporzionale all’intensità dello stimolo. Questo significa che il cervello non ordina semplicemente di smettere di mangiare, ma gradualmente induce un rallentamento nel consumo del cibo. Un altro aspetto interessante riguarda l’interazione tra questi neuroni e gli ormoni che regolano l’appetito. Essi vengono silenziati da sostanze che stimolano la fame, mentre vengono attivati dagli agonisti del recettore del GLP-1, una classe di farmaci sempre più utilizzata per il trattamento dell’obesità e del diabete.
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Questo suggerisce che gli effetti di questi farmaci siano dovuti, almeno in parte, all’azione su questi specifici neuroni della sazietà. Se studi futuri confermassero la presenza di questi neuroni anche negli esseri umani, si potrebbero sviluppare strategie terapeutiche mirate per combattere il sovrappeso e i disturbi alimentari. L’obiettivo sarebbe quello di regolare la sazietà in modo più naturale ed efficace, evitando gli effetti collaterali di molte terapie attuali. Questa scoperta rappresenta quindi un passo significativo verso una migliore comprensione dei meccanismi che controllano l’alimentazione e il metabolismo.
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