Una leggera scossa al cervello può migliorare le abilità matematiche

Una scossa alla matematica: quando il cervello fa due conti grazie all’elettricità

 

Sembra fantascienza, ma per una volta la realtà si avvicina a un film di fantamedicina: secondo uno studio pubblicato su PLOS Biology, una leggera scossa al cervello potrebbe aiutare a risolvere problemi di matematica meglio di una calcolatrice nuova. Il trucco? Un berretto pieno di elettrodi e un po’ di corrente, rigorosamente sotto controllo scientifico.

I protagonisti di questo esperimento non sono stati cavie da laboratorio, ma 72 studenti dell’Università di Oxford. L’obiettivo era semplice: capire se una stimolazione cerebrale non invasiva potesse migliorare le performance aritmetiche. Risultato? Chi partiva svantaggiato ha registrato miglioramenti significativi, con punte del 29% in più nei test di calcolo. Non male per chi ha sempre sofferto le tabelline.

Stimolazione cerebrale e matematica: una connessione sorprendente

La tecnica utilizzata si chiama stimolazione transcranica a rumore casuale, un nome poco poetico ma efficace. In pratica, si inviano micro-impulsi elettrici attraverso il cuoio capelluto per aumentare l’attività dei neuroni in aree cerebrali specifiche. In questo caso, l’attenzione era concentrata su due regioni: la corteccia prefrontale dorsolaterale, che gestisce le funzioni esecutive, e la corteccia parietale posteriore, responsabile della memoria.

I ricercatori hanno scoperto che nei cervelli meno “connessi” tra queste due aree, la stimolazione ha avuto un effetto compensatorio. Un po’ come collegare meglio due reparti di un’azienda che faticano a comunicare: l’efficienza aumenta, e anche i risultati.

Matematica e disuguaglianza cognitiva: una nuova frontiera

Se tutto ciò suona troppo bello per essere vero, un po’ di cautela è d’obbligo. Prima di trasformare ogni interrogazione in una sessione elettro-neuronale, i ricercatori mettono le mani avanti: non provateci a casa. I dispositivi usati sono frutto di anni di studi, e non bastano due fili e una batteria per diventare un piccolo Einstein.

Il lato positivo è che questa tecnologia potrebbe ridurre le disuguaglianze cognitive, offrendo un supporto a chi fatica con l’apprendimento. Ma – ed è un “ma” importante – c’è il rischio che diventi un lusso per pochi, allargando il divario tra chi può permettersela e chi no. Il rischio, insomma, è che il berretto elettrico diventi il nuovo tutor privato, accessibile solo a chi ha abbastanza zeri sul conto.

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Un futuro elettrizzante (ma ancora tutto da scrivere)

Il messaggio degli scienziati è chiaro: siamo all’inizio di una rivoluzione potenziale nel campo dell’apprendimento e del potenziamento cognitivo. Ma bisogna muoversi con cautela, valutando gli effetti a lungo termine e garantendo equità nell’accesso. Nel frattempo, chi soffre la matematica può consolarsi sapendo che la biologia non è una condanna definitiva. Le connessioni neurali si possono rafforzare, anche con un piccolo aiuto elettrico. Certo, studiare resta fondamentale, ma se nel futuro basterà una cuffietta a impulsi per affrontare serenamente l’algebra, la scuola potrebbe diventare molto più interessante. Anche per chi, fino a ieri, faceva i conti solo con la calcolatrice.

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