Che cos’è la sindrome del Terzo Uomo in situazioni di pericolo estremo

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Che cos’è la sindrome del Terzo Uomo in situazioni di pericolo estremo

| 18/03/2023
Fonte: Pixabay

Da dove arrivano le misteriose presenze che “aiutano” naufraghi, esploratori, escursionisti in pericolo di vita? La spiegazione della scienza

  • Ci sono persone che, trovandosi in luoghi molto ostili in cui rischiano la vita, avvertono la presenza di una persona vicino a loro
  • La sensazione è stata raccontata da diversi esploratori, tra cui sir Ernest Shackleton che viaggiò a piedi in Antartide e da Frank Smythe che scalò l’Everest
  • Entrambi raccontarono di una presenza che li rassicurava nel cammino e rendeva la situazione più sopportabile
  • Secondo gli scienziati si tratterebbe di un’allucinazione in risposta ad uno stress molto forte
  • Nei momenti di estremo bisogno il cervello evocherebbe una figura immaginaria come risorsa per la sopravvivenza

 

Tra i 1914 e il 1917, l’esploratore Sir Ernest Shackleton, durante una spedizione in Antartide, si ritrovò costretto ad una traversata di fortuna a piedi e con poche attrezzature con la sua squadra di uomini. Quando riuscì a superare i giorni di marcia estrema tra montagne e terre ghiacciate e a mettersi in salvo con i compagni, affidò le sue impressioni ad un testo scritto: «Durante quella lunga e tormentosa marcia di trentasei ore sulle montagne e sui ghiacciai senza nome della Georgia del Sud, mi è sembrato spesso che fossimo quattro, non tre».

Persone o voci immaginarie

Fu la prima testimonianza di una condizione singolare raccontata poi anche da altre persone sopravvissute a situazioni di pericolo estremo: la sensazione della presenza di una persona che li accompagnasse lungo il cammino, una specie di inspiegabile apparizione.

Il fenomeno è noto come sindrome del Terzo Uomo, ed è legata a condizioni in cui si rischia la vita. Shakleton fu il primo a raccontare di uno strano compagno che sentiva in tutte le tappe del viaggio, ma successivamente arrivarono anche altre testimonianze. Escursionisti di montagna, sopravvissuti ai naufragi, esploratori polari che hanno vissuto situazioni molto pericolose, hanno in più circostanze affermato di aver visto una persona o sentito una voce che li consigliava su come andare avanti verso la salvezza.

Tra questi anche l’esploratore britannico Frank Smythe, che arrivò quasi in cima all’Everest nel 1933. Le cattive condizioni del tempo indussero il gruppo di scalatori a tornare indietro, mentre Smythe decise di proseguire da solo. Arrivò a 304 metri dalla vetta non riuscendo a proseguire oltre, ma raccontò la sua salita: «Per tutto il tempo in cui ho scalato da solo, ho avuto la forte sensazione di essere accompagnato da una seconda persona. La sensazione era così forte che ha eliminato completamente tutta la solitudine che altrimenti avrei potuto provare». Smyte era così convinto della presenza di un altro uomo che tagliò una parte della sua torta per offrirgliela, ma si rese poi conto che non c’era nessuno con lui.

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La risposta del cervello ad un forte stress

A cosa sono riconducibili le esperienze vissute dagli esploratori? Il fenomeno, verificandosi in condizioni estreme non ha possibilità di essere studiato, ma la scienza ha comunque cercato di fornire una spiegazione. È probabile che si tratti di un’allucinazione in risposta ad uno stress molto forte e che costituisca una sorta di risorsa per la sopravvivenza. Nei momenti di estremo bisogno, trovandosi in un luogo molto ostile in cui si rischia la vita, una parte del nostro cervello evoca la figura di un amico per alleviare la solitudine e rendere più sopportabile la situazione, spingendo a fare ulteriori sforzi per mettersi in salvo.

La sindrome del Terzo Uomo viene utilizzata dagli psicologi come diagnosi nelle vittime di traumi, quando le persone riferiscono di aver avuto, in una situazione di pericolo di vita, una presenza accanto a loro che, come un angelo custode, li ha aiutati a scampare la morte. Sull’argomento lo scrittore John Geiger ha raccolto numerose testimonianze confluite nel libro “The Third Man Factor: Surviving the Impossible”.

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