Tea, l’app che recensisce gli ex: dal ghosting alle recensioni con stelle (e polemiche)

Tea, quando il pettegolezzo incontra la tecnologia e finisce in tribunale

 

C’erano una volta gli sfoghi con le amiche, i messaggi lunghi come romanzi e le maratone di gelato post rottura. Oggi, grazie alla tecnologia, il dolore sentimentale ha trovato un nuovo habitat naturale: l’app store. È qui che Tea, l’app per recensire gli ex, è diventata virale in poche settimane, conquistando il podio delle app lifestyle negli Stati Uniti.

Dietro al progetto c’è Sean Cook, ex manager di Salesforce, che ha deciso di unire trauma familiare e spirito imprenditoriale: dopo che la madre era rimasta vittima di catfishing, ha creato una piattaforma per aiutare le donne a riconoscere i “Gianmaria ghostatori” prima del terzo appuntamento. Con Tea si può lasciare una recensione anonima, caricare foto, segnalare nomi e perfino verificare precedenti penali o falsi profili. Tutto sotto l’occhio vigile dell’intelligenza artificiale che autentica gli accessi con selfie e filtri di sicurezza.

Dal pettegolezzo alla privacy violata

Peccato che la favola si sia presto trasformata in un piccolo incubo digitale. A luglio, utenti di 4chan hanno scoperto un database legato a Tea contenente selfie e documenti d’identità delle iscritte. La stessa app nata per proteggere le donne si è così ritrovata protagonista di una delle peggiori violazioni di privacy dell’anno.

Il dibattito si è acceso: per alcuni Tea è un mezzo utile contro truffatori e predatori online, per altri è solo un tribunale dei sentimenti dove chiunque può essere giudicato senza difesa. Mentre i social si dividevano tra chi gridava alla rivoluzione e chi al linciaggio, qualcuno dall’altra parte del fronte ha pensato bene di reagire.

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TeaOnHer: la vendetta degli ex (maschi)

È nata così TeaOnHer, la versione maschile firmata Newville Media: stessi colori, stesso concetto, ma ruoli invertiti. Gli uomini recensiscono le donne, con tanto di stelle, foto e commenti. Il risultato? Un déjà-vu tecnologico: anche qui violazioni di sicurezza, dati accessibili, email esposte e persino credenziali amministrative lasciate sul server. Insomma, se la morale delle fiabe è “non fidarti degli sconosciuti online”, quella delle app dell’amore 2.0 è chiara: meglio tornare a piangere con un’amica e un cucchiaio di gelato, che finire in un database pubblico con tanto di selfie compromettente.

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