C’era davvero un teschio gigante nel Sahara? Parla la Nasa

Teschio gigante nel Sahara: mito o pareidolia naturale?

 

Il deserto del Sahara non smette mai di stupire e a volte lo fa in modo inquietante. Recenti immagini satellitari scattate dalla Stazione Spaziale Internazionale hanno mostrato una formazione geologica che, dall’alto, sembra un teschio umano: occhi vuoti, mandibola e lineamenti impressionanti. Ma prima di chiamare gli archeologi o gli appassionati di misteri, c’è da precisare che non si tratta di un monumento preistorico, bensì di pura natura.

La zona fotografata è il Trou au Natron, un’imponente caldera vulcanica situata nel massiccio del Tibesti, in Ciad. Con un diametro di circa 8 chilometri e una profondità superiore a 1.000 metri, questo antico cratere si è formato dopo il collasso di una camera magmatica migliaia di anni fa. Gli effetti visivi che evocano un volto umano derivano da un mix casuale di cenere vulcanica nera, coni interni e depositi di natron bianco, creando un contrasto che impressiona chi osserva dall’alto.

Teschio gigante nel Sahara: pareidolia e paesaggio estremo

L’effetto “volto umano” è ulteriormente accentuato dalle ombre dei rilievi interni della caldera e dalla distribuzione dei materiali. Il natron, un sale alcalino, si è depositato grazie all’evaporazione di un lago preistorico risalente a circa 14.000 anni fa, che un tempo ospitava un ecosistema ricco di alghe, molluschi e diatomee. Oggi la zona appare desolata, ma conserva tracce di vita e un fascino primordiale che la rende unica nel suo genere.

Nonostante le condizioni estreme, l’area è abitata dal popolo Toubou e ospita specie adattate alla sopravvivenza nel deserto come volpi del Sahara, sciacalli dorati e gazzelle. La NASA, pubblicando l’immagine durante il periodo di Halloween, ha spiegato che si tratta di un classico esempio di pareidolia naturale: la mente umana tende a interpretare forme casuali come volti conosciuti, un fenomeno che ha colpito l’immaginazione di molti osservatori.

Natura e suggestione

Il caso del Trou au Natron dimostra come la natura possa creare illusioni sorprendenti. Sebbene sembri un teschio gigante, la formazione è interamente frutto di processi geologici e sedimentari. La combinazione di materiali scuri e chiari, unita alle ombre dei rilievi, inganna l’occhio umano, evocando un’immagine familiare in un contesto del tutto naturale.

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Questa pareidolia non solo affascina chi guarda le immagini satellitari, ma offre anche spunti interessanti sulla percezione visiva e sulla tendenza a cercare schemi familiari nel caos naturale. Il Sahara, quindi, continua a essere un laboratorio a cielo aperto, dove vulcani e sali minerali possono trasformarsi in sorprendenti opere d’arte geologica, e dove la realtà scientifica convive con l’immaginazione.

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