Vince l’ultramaratona vestita con abiti tradizionali e in sandali [+VIDEO]

Ultramaratona vinta con sandali e abito tradizionale: Candelaria Rivas Ramos sorprende tutti

 

Chi ha detto che per vincere una ultramaratona servono scarpe da corsa ipertecnologiche, abbigliamento traspirante e un piano di allenamento maniacale? A Guachochi, in Messico, la risposta è arrivata da Candelaria Rivas Ramos, 30 anni, che ha conquistato la Canyons Ultramarathon correndo 63 chilometri in 7 ore e 34 minuti. La particolarità? Nessun allenamento da professionista, nessuna attrezzatura sportiva, solo i sandali tradizionali chiamati huaraches e l’abito tipico del suo popolo.

Rivas Ramos appartiene alla comunità Rarámuri, conosciuta anche come Tarahumara, un popolo indigeno del Chihuahua famoso per la propria resistenza leggendaria. Le loro tradizioni includono corse interminabili e una pratica ancestrale chiamata persistence hunting, una tecnica che consiste nel portare la preda allo sfinimento inseguendola per ore. Non è un caso se il nome Rarámuri significa proprio “i corridori veloci”.

Dalla montagna al traguardo: la storia di Candelaria Rivas Ramos

Prima ancora di gareggiare, Candelaria e suo marito hanno affrontato un viaggio di 14 ore a piedi dalla loro comunità di Choreachi fino a Guachochi, per iscriversi alla gara. Un “riscaldamento” che per chiunque altro sarebbe stato già una prova estrema, ma che per lei ha rappresentato semplicemente il cammino verso l’inizio dell’avventura.

Al suo debutto assoluto in una competizione ufficiale, Candelaria ha corso senza alcuna strategia studiata o supporto tecnico. La sua preparazione? La vita quotidiana in montagna, fatta di camminate, lavoro fisico e resistenza naturale. Alla fine, è stata proprio questa forza innata a portarla davanti a tutte le avversarie, dimostrando che a volte la natura batte la tecnologia.

Tradizione, spiritualità e resistenza

Gli antropologi studiano da anni il fenomeno Rarámuri, e uno di loro, Daniel Lieberman di Harvard, ha sottolineato come la corsa sia per questo popolo una forma di preghiera e ringraziamento. Non si tratta solo di sport, ma di un rituale che connette il corpo alla spiritualità, una sorta di trance che permette di superare la fatica e il dolore.

Candelaria, al termine della gara, ha dedicato la vittoria alla sua famiglia, segno che per lei questa impresa va oltre la semplice prestazione atletica. È un atto comunitario, un simbolo della cultura Rarámuri che continua a sorprendere il mondo.

Una lezione per lo sport moderno

In un’epoca in cui i runner professionisti si affidano a scarpe da centinaia di euro, cardiofrequenzimetri e diete calibrate al grammo, la vittoria di Candelaria è un promemoria ironico e potente. A volte, la resilienza naturale, la connessione con la propria terra e una tradizione millenaria possono abbattere qualsiasi record tecnologico.

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La Canyons Ultramarathon 2025 non sarà ricordata solo per la classifica finale, ma per l’immagine di una donna che, senza allenatori né sponsor, ha corso con la forza della sua cultura. Una dimostrazione che la vera maratona non è quella che si corre con le scarpe da gara, ma quella che si affronta ogni giorno vivendo in armonia con le proprie radici.

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