Perché nostra voce registrata ci sembra diversa e non ci piace?

Perché registrare la nostra voce suona sempre strano

 

Avete mai sentito la vostra voce registrata e pensato: “Ma chi è questo che parla?” Non siete soli. La colpa è in parte della fisica: normalmente la voce arriva alle nostre orecchie attraverso l’aria e, soprattutto, attraverso le ossa e i tessuti della testa. Questo fa sì che percepiamo le frequenze più basse, rendendo il suono familiare. Quando ascoltiamo una registrazione, invece, le onde sonore viaggiano solo nell’aria e vengono poi trasformate in segnali elettrici: il risultato è un timbro diverso, più “estraneo” e spesso meno gradevole.

Anche il registratore fa la sua parte. Convertendo le vibrazioni meccaniche in segnali digitali e poi di nuovo in suono, altera leggermente l’originale. Il nostro cervello, abituato al mix aria-ossa, percepisce la versione digitale come incompleta o strana.

Psicologia: il cervello in confusione

Oltre alla fisica, c’è la componente psicologica. Sentire la propria voce registrata è come guardarsi in foto: improvvisamente vediamo un’immagine diversa, non familiare, che ci sorprende e a volte ci mette a disagio. Anche cantanti famosi, come Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, provano lo stesso effetto.

Il cervello si aspetta un suono noto, ma quello che arriva dalle cuffie o dallo speaker è una versione filtrata e “estranea”. Questa discrepanza tra aspettativa e realtà è ciò che rende la voce registrata così difficile da accettare.

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Stranezza universale: non siete soli

In pratica, quella sensazione di fastidio quando sentiamo la nostra registrazione è universale e del tutto normale. Che sia troppo nasale, troppo grave o semplicemente diversa, è il risultato di un mix tra alterazioni fisiche del suono e la percezione mentale del nostro io sonoro. Quindi, la prossima volta che vi stupite della vostra voce in registrazione, ricordate: non siete voi a sbagliare, è la realtà sonora che gioca brutti scherzi. Il trucco? Accettarla come parte di sé, o almeno ridere della discrepanza tra quello che crediamo di sentire e quello che il mondo sente davvero.

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