L’albero che sembra una foresta: ha 19 km2 di chioma

Thimmamma Marrimanu: l’albero che si crede una foresta

 

In un’India già nota per le sue meraviglie naturali, c’è un esemplare che ha deciso di mettersi in proprio e aprire un franchising di sé stesso: il Thimmamma Marrimanu. Questo Ficus benghalensis non ha semplicemente messo radici, ha creato un impero verde. Con una chioma che copre oltre 190.000 metri quadrati, più che un albero sembra una piccola città fatta di foglie e rami.

Situato nello stato dell’Andhra Pradesh, a circa 25.000 metri da Kadiri, il Thimmamma Marrimanu è considerato l’albero di banyan più esteso al mondo. E non per modo di dire: è entrato anche nel Guinness dei primati. Difficile pensare che tutto sia partito da un singolo tronco, che ha poi sviluppato più di 1.000 radici aeree, ognuna trasformata in colonna portante. Non una pianta, ma una cooperativa vegetale ben organizzata.

Dietro al Thimmamma Marrimanu c’è una leggenda con radici profonde

La sua origine è tutt’altro che botanica. Secondo la leggenda locale, l’albero sarebbe nato da uno dei pali della pira funeraria su cui una donna, Thimmamma, si sarebbe sacrificata seguendo il rito della sati. Un gesto estremo d’amore che avrebbe dato vita a un colosso vegetale. Non a caso, ai piedi dell’albero si trova un tempietto dedicato a lei, frequentato da coppie che cercano un figlio. Altro che fertilità assistita: qui si punta tutto sulla spiritualità arborea.

Il banyan, in India, non è solo una pianta. È un simbolo religioso, un luogo d’incontro, una forma di ombra sociale e spirituale. E se la leggenda non basta, si aggiungono i benefici pratici: le sue foglie, frutti e radici sono utilizzati nella medicina tradizionale per curare disturbi digestivi, diabete e ferite. Il succo dei fichi, ad esempio, è consigliato per le ustioni. E le donne con dolori mestruali giurano sull’efficacia della polvere di banyan. Meglio del paracetamolo.

Biodiversità e turismo: un equilibrio delicato

Il Thimmamma Marrimanu è anche un piccolo ecosistema. La sua ampia chioma mantiene fresco il terreno e offre rifugio a uccelli, insetti e visitatori in cerca d’ombra e spiritualità. Peccato che la popolarità abbia i suoi effetti collaterali: l’eccessivo afflusso di turisti e l’allegamento della zona durante la stagione dei monsoni mettono a rischio la sua salute.

Le autorità forestali stanno cercando di contenerne la crescita e proteggere l’area. Ma c’è chi spera in un riconoscimento UNESCO che garantirebbe fondi e tutela internazionale. Anche se, diciamolo, l’arrivo delle masse globali potrebbe cambiare per sempre l’equilibrio tra natura e tradizione.

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Non è l’unico, ma di certo è il più ambizioso

Il Thimmamma Marrimanu non è solo in India. Ci sono altri banyan degni di nota: quello del giardino botanico di Calcutta, quello di Chennai e persino un “Gigantic Banyan” a Ranthambore. Ma nessuno ha raggiunto la stessa estensione o lo stesso status quasi mitologico. Con i suoi oltre 650 anni, il Thimmamma Marrimanu ha dimostrato che anche un albero può avere una storia da raccontare, un culto da ispirare e una reputazione da proteggere. Se le foreste hanno un re, lui ha già il trono. E se continua così, rischia di colonizzare l’intero quartiere.

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