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Dimentica il cliché del ragazzo solitario davanti allo schermo. Il nuovo gamer potrebbe essere tua zia che gioca a Wordle o tuo nonno che domina a Sudoku sullo smartphone. Secondo il report Power of Play dell’Entertainment Software Association (ESA), il 48% dei giocatori nel mondo è donna, e negli Stati Uniti le gamer superano persino gli uomini con il 52%. Ma la vera rivoluzione è anagrafica: il 22% dei giocatori americani ha più di 65 anni. Il gaming non ha più età, né genere, e si è trasformato in un passatempo trasversale che unisce generazioni e famiglie.
L’età media globale dei videogiocatori è di 41 anni, con picchi in Italia dove la media tocca i 50. In Cina invece i gamer sono mediamente più giovani, con 31 anni. Un dato che mostra come i giochi digitali – dai puzzle ai mobile game – siano ormai una parte stabile della vita quotidiana, più accessibile che mai grazie ai dispositivi portatili.
Per anni si è pensato che i videogiochi isolassero le persone. Oggi, invece, sono strumenti di connessione, creatività e benessere. Il 76% dei giocatori afferma che il gaming migliora la capacità di risolvere problemi, mentre il 50% sostiene di aver sviluppato competenze utili anche sul lavoro, tra cui pensiero critico, adattabilità e lavoro di squadra.
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E non è tutto: il 77% dice che i videogiochi riducono lo stress, il 70% che abbassano l’ansia e il 64% che aiutano a combattere la solitudine, collegando le persone in tutto il mondo. In fondo, giocare è come parlare una lingua universale fatta di sfide, collaborazione e fantasia – quella che, senza rendercene conto, ci tiene uniti e mentalmente giovani.
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