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Un licenziamento può arrivare in mille modi, ma quello ricevuto da Karson Bree ha davvero superato ogni aspettativa. Non una telefonata, né un incontro chiarificatore, ma un messaggio alle 23 di sera. Per qualcuno può sembrare il colpo di scena di una serie TV, ma per Karson è stata la realtà. A quel messaggio è seguita una videochiamata carica di tensione e imbarazzo, in cui il management ha tentato di spiegare le motivazioni dell’allontanamento. Tentato, appunto.
Il confronto in video ha visto coinvolti Karson, due responsabili e una rappresentante delle Risorse Umane. Un team completo, almeno sulla carta. Alla domanda semplice e diretta di Karson – “Perché mi state licenziando?” – è seguito un silenzio pesante. Dieci secondi che sembravano dieci ore. Alla fine, la spiegazione: problemi di ritardo nella pubblicazione della rivista, errori di battitura e un design non all’altezza.
La risposta non ha convinto Karson, che ha subito ribattuto con fermezza. Ha ricordato di aver sempre seguito le indicazioni ricevute e che i ritardi erano spesso imputabili alla stessa supervisor. Inoltre, ha sottolineato la mancanza totale di feedback, nonostante le richieste fatte durante il lavoro. Non proprio il massimo per chi si aspetta almeno un minimo di supporto professionale.
Più che un colloquio di fine rapporto, la chiamata si è trasformata in una lezione di dignità e comunicazione, tenuta proprio da chi era stato accusato. Karson ha poi criticato duramente anche le modalità scelte per comunicarle il licenziamento. Mandare un messaggio notturno per annunciare un provvedimento tanto serio non è esattamente il manuale base delle buone pratiche HR.
La scena, documentata da Karson in un video pubblicato su TikTok, è diventata virale. Non solo per il contenuto, ma anche per l’onestà con cui ha raccontato l’accaduto. In pochi minuti, migliaia di utenti hanno visualizzato il video e molti hanno espresso solidarietà. Non sono mancate critiche verso il comportamento dell’azienda, vista come esempio negativo di gestione del personale.
Nel corso del confronto virtuale, Karson ha deciso di chiudere i conti anche sul piano personale. Si è rivolta direttamente alla sua responsabile, dichiarando che la parte più frustrante del lavoro era proprio il rapporto con lei. Parole nette, dette senza urla ma con chiarezza. E poi un saluto glaciale: “Buona giornata”. La chiusura più elegante in un contesto tutt’altro che professionale.
L’intera vicenda ha fatto discutere non solo per le modalità discutibili del licenziamento, ma anche per l’efficacia della risposta di Karson. In un mondo del lavoro in cui le comunicazioni diventano sempre più impersonali, la sua storia rappresenta un esempio di come si possa difendere la propria professionalità anche in un momento difficile.
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Il caso mette in luce un problema più ampio: la difficoltà di alcune aziende nel gestire con umanità e rispetto i momenti delicati come quello di un licenziamento. Perché dietro ogni dipendente c’è una persona, e dietro ogni “errore di design” potrebbe esserci una mancanza di ascolto molto più profonda.
@babyplight Sharing my layoff video from last year cause why not. 🤷♀️😅 For context: I took a position with a local company known for treating employees poorly and was run by a woman who couldn’t pronounce or spell words like, “Mahjong” despite being the Editor in Chief, and wrote her editor letters via voice note and later edited by an actual editor. I had no training, onboarding (literally set up my own HR documents and everything.), and had to teach myself new software that almost no one but last employees knew how to use. It was a shit show, and this was the first time ever that I was receiving any type of feedback about my work. Enjoy! #layoffs #laidoff #layoff ♬ original sound – Karson Bree
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