“Mi chiamo Clelia e vi ho sempre seguiti perché la vostra pagina devo dire che mi rilassa e spesso mi diverte molto, ma mai avrei pensato in vita mia di sentire l’esigenza e il profondo bisogno di mandarvi anche io una mia chat, nel senso che se fino a ieri me l’avessero detto non ci avrei creduto. Insomma, sento il bisogno di raccontarvi quello che mi è successo poco fa perché altrimenti esplodo dalla rabbia peggio di una pentola a pressione e anche perché voglio sbattere in faccia agli altri followers come me una verità indissolubile, e cioè che alla pazzia pura non c’è veramente mai fine. Anzi spero proprio che la persona che mi ha attaccata legga questa stessa chat, per me sarebbe una bella vendetta visto che sono arrabbiata nera e davvero poco lucida in questo momento. Vengo al dunque: lavoro da molti anni come segretaria per uno studio di psicoterapia e quindi mi occupo principalmente di gestire e coordinare tutti gli appuntamenti e le varie sedute con i pazienti per lo psicologo presso cui lavoro. Poco fa però una di queste pazienti (non posso dire il nome per ovvie ragioni di privacy) mi scrive in privato sul Whatsapp del cellulare aziendale (che uso appunto solo ed esclusivamente per fissare le varie sessioni) per farmi una domanda scioccante. Naturalmente io mi sono subito rifiutata di soddisfare la domanda della paziente del caso, mantenendomi sempre sul professionale, ma più io rifiutavo e più lei insisteva, fino alla degenerazione totale. Leggete quello che mi ha scritto e resterete impietriti come me. Non mi era mai accaduta una cosa del genere. Mai. E so benissimo anche quanto sia sbagliato e non professionale mandarvi una chat simile anche se mantengo l’anonimato su tutto (rischierei anche il lavoro se il terapeuta lo scoprisse), ma credetemi che non ci vedo davvero più dalla rabbia adesso e non me ne frega niente se ci saranno delle brutte conseguenze per me e il mio lavoro. Sono schifata.”
Scrivete cosa ne pensate nei commenti di Facebook e Buona lettura!
La nostra fan, una donna di nome Clelia, ha voluto condividere con noi un episodio che l’ha profondamente scossa, al punto da spingerla, per la prima volta, a scrivere alla pagina. Ci racconta di essere sempre stata una lettrice affezionata, trovando spesso nella community un momento di leggerezza e condivisione. Mai però avrebbe pensato di trovarsi nella posizione di voler raccontare una propria esperienza personale, tanto meno con toni così accesi.
Clelia lavora da molti anni come segretaria in uno studio di psicoterapia, occupandosi in particolare della gestione degli appuntamenti e delle comunicazioni con i pazienti. Un ruolo che svolge con serietà e discrezione, usando un numero di telefono aziendale esclusivamente per motivi professionali.
Tuttavia, proprio su quel canale ufficiale, ha ricevuto un messaggio del tutto inaspettato da parte di una paziente. Una domanda, definita da Clelia “scioccante”, che esulava completamente da ciò che è lecito e corretto aspettarsi in un contesto terapeutico. Quando ha risposto in modo fermo ma rispettoso, ribadendo i limiti del suo ruolo, la paziente ha iniziato a insistere con sempre maggiore insistenza, fino a un punto di totale degenerazione della conversazione.
Clelia, pur consapevole della delicatezza della situazione e dei rischi legati alla sua posizione lavorativa, ha deciso di inviare questa chat mantenendo l’anonimato, perché – come dice lei stessa – si sente “una pentola a pressione pronta a esplodere dalla rabbia”. È rimasta scioccata non solo dal contenuto della richiesta ricevuta, ma anche dal modo aggressivo e totalmente fuori luogo con cui è stata trattata quando ha posto un limite.
Quello che vuole trasmettere con questo racconto è un messaggio chiaro: anche in ambienti professionali apparentemente regolati da rispetto e sensibilità, può capitare di trovarsi di fronte a comportamenti che sfidano la logica e il buon senso. Una testimonianza che nasce dal bisogno urgente di sfogo, ma anche dal desiderio di far riflettere chi legge su quanto sia importante mantenere sempre il rispetto reciproco, anche (e soprattutto) nei contesti più delicati.
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