Tuttavia, proprio su quel canale ufficiale, ha ricevuto un messaggio del tutto inaspettato da parte di una paziente. Una domanda, definita da Clelia “scioccante”, che esulava completamente da ciò che è lecito e corretto aspettarsi in un contesto terapeutico. Quando ha risposto in modo fermo ma rispettoso, ribadendo i limiti del suo ruolo, la paziente ha iniziato a insistere con sempre maggiore insistenza, fino a un punto di totale degenerazione della conversazione.
Clelia, pur consapevole della delicatezza della situazione e dei rischi legati alla sua posizione lavorativa, ha deciso di inviare questa chat mantenendo l’anonimato, perché – come dice lei stessa – si sente “una pentola a pressione pronta a esplodere dalla rabbia”. È rimasta scioccata non solo dal contenuto della richiesta ricevuta, ma anche dal modo aggressivo e totalmente fuori luogo con cui è stata trattata quando ha posto un limite.
Quello che vuole trasmettere con questo racconto è un messaggio chiaro: anche in ambienti professionali apparentemente regolati da rispetto e sensibilità, può capitare di trovarsi di fronte a comportamenti che sfidano la logica e il buon senso. Una testimonianza che nasce dal bisogno urgente di sfogo, ma anche dal desiderio di far riflettere chi legge su quanto sia importante mantenere sempre il rispetto reciproco, anche (e soprattutto) nei contesti più delicati.