Che cos’è “l’effetto confronto” che fa litigare le persone sul web

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Che cos’è “l’effetto confronto” che fa litigare le persone sul web

| 26/05/2025

I social sono luogo di incontro e di confronto su molti temi ma, molto spesso, anche di sfogo della propria rabbia

  • Recenti studi su Facebook e Twitter hanno mostrato che post provocatori suscitano più commenti, condivisioni e clic rispetto a quelli che confermano le idee personali degli utenti
  • L’effetto confronto descrive la tendenza degli utenti a interagire maggiormente con contenuti che contraddicono le proprie opinioni politiche
  • L’indignazione verso opinioni opposte si traduce in un aumento significativo dell’engagement online
  • L’effetto viene sfruttato per massimizzare la visibilità dei contenuti, attraverso gli algoritmi dei social media, favorendo post divisivi
  • Il fenomeno solleva preoccupazioni sul ruolo dei social network, nella polarizzazione del dibattito politico che alimenta maggiormente le emozioni negative

 

I social media costituiscono un luogo di incontro e confronto con gli altri utenti e spesso anche motivo di scontro su determinati argomenti divisivi. La politica è uno dei motivi principali per cui ci si espone, e per cui si discute e si litiga con gli altri. Recenti studi hanno dimostrato che i post con i contenuti più provocatori sono quelli che generano maggiore interazione tra gli utenti per via di un fenomeno chiamato “effetto confronto”. 

I post che suscitano rabbia e disaccordo

Se precedenti ricerche avevano sottolineato come le persone siano più propense a cercare informazioni che confermino le proprie idee, (il cosiddetto “bias di conferma”), i nuovi studi rivelano che l’effetto confronto invece porta ad interagire maggiormente con argomenti che irritano o contraddicono il nostro pensiero.

L’articolo pubblicato dai professori Daniel Mochon (Tulane University) e Janet Schwartz (Duke University), sulla rivista Organizational Behavior and Human Decision Processes, ha analizzato i comportamenti degli utenti sui social media in risposta a contenuti politici appositamente inseriti per fini di studio. L’obiettivo era comprendere meglio il ruolo dell’indignazione politica e del confronto ideologico nella promozione dell’engagement online. Gli autori hanno scoperto che le persone sono più propense a interagire con contenuti che vanno contro le loro opinioni politiche, in particolare quando questi contenuti provocano rabbia o disaccordo.

I temi politici sono tra i più divisivi

Gli esperimenti condotti su Facebook e Twitter hanno coinvolto utenti americani esposti a post su argomenti come il controllo delle armi, la sanità pubblica (Obamacare) e Donald Trump. I ricercatori hanno segmentato il pubblico in base alla loro posizione politica (democratici o repubblicani) e poi li hanno esposti a post scritti in modo da generare reazioni emotive contrarie. I risultati hanno mostrato un aumento significativo dei “like”, dei commenti e delle condivisioni per i post che contraddicevano le credenze degli utenti, rispetto a quelli che le confermavano.

In un altro esperimento, oltre 1.000 partecipanti hanno visionato tweet sia pro che contro il vegetarianismo. Anche in questo caso, le persone erano più inclini a commentare i post contrari alla loro opinione, segnalando che la reazione emotiva, e in particolare la rabbia, era un forte motore di interazione. Questo comportamento ha implicazioni notevoli per il modo in cui i contenuti sono progettati e promossi sulle piattaforme digitali.

Conseguenze e implicazioni per i social media

I risultati dello studio suggeriscono che i meccanismi di engagement delle piattaforme social possono favorire la diffusione di contenuti provocatori o divisivi, non perché le persone siano necessariamente d’accordo con essi, ma perché vogliono rispondere o reagire. Questo tipo di dinamica, spinta dall’indignazione e non dal consenso, è sfruttata strategicamente da chi produce contenuti per massimizzare visibilità, clic e condivisioni.

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Dal punto di vista algoritmico, maggiore è l’interazione, maggiore è la probabilità che un contenuto venga spinto a un pubblico più ampio, creando una spirale di visibilità che premia il contenuto più divisivo, non quello più informativo o neutrale. Secondo gli autori, questa logica potrebbe non solo esasperare il conflitto politico online, ma anche minare il dialogo costruttivo e la comprensione reciproca, privilegiando la reazione emotiva rispetto alla riflessione.

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