Questi uccelli sono così pieni di plastica che crepitano e scricchiolano

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Questi uccelli sono così pieni di plastica che crepitano e scricchiolano

| 04/07/2025
Fonte: Wikipedia

Berte codacorta di plastica: la triste realtà dell’isola “incontaminata”

  • Le berte codacorta Lord Howe Island ingeriscono quantità preoccupanti di plastica
  • Alcuni esemplari arrivano ad avere fino a 778 pezzi nello stomaco
  • La plastica ingerita può rappresentare un quinto del peso corporeo del volatile
  • I ricercatori riescono a sentire i suoni dei frammenti semplicemente toccando il ventre degli uccelli
  • L’allarme riguarda l’impatto globale dell’inquinamento plastico anche su ecosistemi isolati

 

Inquinamento plastico e berte codacorta

Nell’immaginario collettivo, un’isola sperduta come Lord Howe Island dovrebbe rappresentare il paradiso terrestre. Acque cristalline, pochi abitanti umani, e migliaia di uccelli marini che vivono in armonia con la natura. Peccato che la realtà, come spesso accade, abbia scelto di rovinare la sceneggiatura con una dose massiccia di plastica. E no, non si parla di bottigliette sulla spiaggia, ma di un intero campionario di rifiuti nei ventri degli ignari abitanti alati: le berte codacorta.

Gli scienziati australiani, capitanati dalla biologa Jen Lavers, hanno documentato un fenomeno che definire inquietante è poco: i piccoli uccelli marini ingeriscono talmente tanta plastica che i loro stomaci emettono suoni simili a un sacchetto di patatine quando vengono toccati. Non serve nemmeno un ecografo, basta una leggera pressione sul ventre. Altro che “piuma e ossa”, qui si parla di autentico rumore da imballaggio.

Lord Howe Island e il paradosso dell’“incontaminato”

Lord Howe Island ospita appena 500 persone ma accoglie oltre 44.000 shearwaters. Una convivenza apparentemente pacifica, almeno fino a quando i ricercatori non hanno aperto la pancia di un giovane esemplare e trovato ben 778 frammenti di plastica al suo interno. E non era nemmeno un adulto, ma un pulcino di appena 80 giorni. Praticamente un record mondiale che nessuno voleva battere.

Il precedente primato, risalente al 2024, si fermava a “soli” 403 pezzi. Ma evidentemente il menu plastico ha avuto un upgrade. La cosa più tragica? Questi uccelli non ingoiano tappi e frammenti per hobby, ma perché scambiano i rifiuti per cibo. Il loro istinto li tradisce, e il risultato è un costante accumulo che finisce per soffocarli, letteralmente e metaforicamente.

Berte codacorta e plastica: un problema globale

A rendere tutto ancora più drammatico è il fatto che Lord Howe Island viene considerata una delle aree più protette e incontaminate del pianeta. Eppure la plastica arriva lo stesso, trasportata dalle correnti oceaniche. Il problema, dunque, non riguarda solo questa piccola isola australiana ma l’intero sistema marino globale.

I ricercatori cercano ora di sensibilizzare l’opinione pubblica con prove tangibili. Hanno persino registrato il suono prodotto dalla plastica nei corpi dei volatili, un documento tanto utile quanto disturbante. Perché quando si sente un uccello “scricchiolare”, qualcosa nel mondo non sta funzionando come dovrebbe.

Inquinamento marino: la sveglia arriva dal cielo

Le berte codacorta, insomma, sono diventate loro malgrado sentinelle dell’inquinamento marino. Non emettono allarmi, ma crunch. Il loro grido muto ci racconta che la plastica non risparmia nessuno: né le tartarughe tropicali, né i pesci abissali, né i pulcini su un’isola vulcanica a 600 chilometri dalla costa australiana.

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Il messaggio è chiaro, almeno per chi ha voglia di ascoltarlo: se anche gli animali che vivono lontano da tutto finiscono pieni di plastica, allora nessun luogo è davvero al sicuro. E se siamo arrivati al punto che gli uccelli marini fanno rumore come una busta del supermercato, forse è il momento di prenderci le nostre responsabilità, senza far finta che basti un’isola “verde” per mettere a tacere il problema.

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