Gesù siberiano condannato: 12 anni di prigione per l’ex poliziotto profeta
- Sergey Torop, ex vigile urbano russo, si proclamava la reincarnazione di Gesù
- Ha fondato una setta religiosa in Siberia con migliaia di seguaci
- Il suo movimento imponeva rinunce alimentari e il rifiuto del denaro
- Nel 2020 è stato arrestato con l’accusa di manipolazione e sfruttamento
- È stato condannato a 12 anni in una prigione di massima sicurezza
C’era una volta un agente del traffico russo che, dopo aver perso il lavoro, non si è reinventato cameriere o muratore. No, Sergey Torop ha deciso di puntare più in alto: si è proclamato Gesù Cristo reincarnato. Da lì è iniziata l’epopea del cosiddetto “Gesù siberiano”, una figura che ha raccolto migliaia di seguaci e, dopo oltre trent’anni di predicazioni, anche una condanna a 12 anni di carcere.
Nel 1991, mentre l’Unione Sovietica cadeva a pezzi, Torop ha colto il momento per fondare la Chiesa dell’Ultimo Testamento. Un nome altisonante per un’organizzazione che si presentava come comunità spirituale alternativa, ma che nel tempo ha attirato l’attenzione delle autorità russe per ben altri motivi.
L’incredibile ascesa e caduta del leader della Chiesa dell’Ultimo Testamento
Il cuore del movimento si trovava in Siberia, dove centinaia di persone si sono trasferite per vivere secondo le regole del nuovo messia. Niente carne, niente alcool, niente soldi. Solo preghiera, disciplina e vita comunitaria in mezzo ai boschi. Lui, Torop, diventato nel frattempo Vissarion, si muoveva tra i fedeli con lunghi capelli e tuniche bianche, ricalcando l’immagine classica del Cristo.
Per anni, la sua presenza ha alimentato curiosità e polemiche, ma nel 2020 le autorità hanno deciso che il tempo delle prediche era finito. Torop e due collaboratori sono stati arrestati con l’accusa di aver causato danni fisici e psicologici ad almeno 16 membri della setta. Secondo l’accusa, la comunità era più vicina a uno schema di sfruttamento che a un progetto spirituale.
Condanna del Gesù siberiano: 12 anni in carcere per manipolazione e abusi
Dopo anni di detenzione preventiva, la giustizia russa ha detto la sua: 12 anni di carcere in regime di massima sicurezza. La motivazione? Manipolazione mentale, sfruttamento del lavoro dei seguaci e violazione dei loro diritti economici. A quanto pare, mentre vietava ai suoi discepoli l’uso del denaro, lui non disdegnava affatto la valuta tradizionale.
La parabola del Gesù siberiano si chiude quindi con una sentenza pesante, anche se non del tutto inaspettata. La figura di Torop aveva suscitato perplessità sin dall’inizio, con quell’aria da predicatore fuori tempo massimo e le rigide regole imposte alla comunità.
Un culto tra fede e contraddizioni: il caso Vissarion resta emblematico
La storia di Vissarion è l’ennesimo esempio di come il bisogno di guida spirituale possa, in alcuni contesti, trasformarsi in adesione cieca a figure carismatiche. In un’epoca di grande disorientamento come quella post-sovietica, Torop ha trovato terreno fertile per costruire la sua comunità sulle macerie ideologiche di un impero.
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La sua condanna riaccende i riflettori sulle dinamiche dei culti religiosi e sulle conseguenze della manipolazione mentale. Non è solo un caso di cronaca russa, ma un monito globale: tra chi promette salvezza e chi cerca risposte, il confine tra fede e abuso può diventare pericolosamente sottile.

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- https://www.odditycentral.com/news/cult-leader-known-as-siberian-jesus-sentenced-to-12-years-in-prison.html
- https://www.themoscowtimes.com/2025/06/30/jesus-of-siberia-cult-leader-sentenced-to-12-years-in-prison-a89618
- https://tvpworld.com/87565058/siberian-cult-leader-claiming-to-be-jesus-sentenced-to-12-years