Perché alcuni neonati piangono più di altri? La scienza dà la colpa ai geni

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Perché alcuni neonati piangono più di altri? La scienza dà la colpa ai geni

| 17/09/2025
Fonte: Pexels

Pianto dei neonati: quando a decidere non è la mamma ma il DNA

  • Il pianto è il principale strumento di comunicazione dei neonati
  • Uno studio svedese sui gemelli mostra l’influenza della genetica
  • A 5 mesi la componente ereditaria del pianto arriva fino al 70%
  • Gli esperti invitano a non colpevolizzare i genitori
  • Con la crescita il pianto cambia e diventa più intenzionale

 

Chiunque abbia avuto un neonato in casa conosce bene la colonna sonora dei primi mesi: un pianto che parte senza preavviso e sembra non avere un tasto “off”. C’è chi dice che sia fame, chi parla di coliche, chi giura che il bambino “sente” l’ansia dei genitori. Eppure, la scienza suggerisce un’altra spiegazione: forse non è tutta colpa del biberon dato in ritardo, ma dei geni che il piccolo si porta dietro.

Un recente studio svedese ha messo sotto la lente quasi mille coppie di gemelli, monitorandoli nei primi cinque mesi di vita. Risultato? A due mesi, la genetica spiega circa la metà del tempo di pianto; a cinque mesi, la percentuale sale al 70%. In pratica, alcuni neonati hanno il pianto “programmato” nel DNA, mentre altri nascono con il dono della tranquillità.

Pianto dei neonati e genetica: il legame insospettabile

La ricerca pubblicata su JCPP Advances ha confrontato gemelli identici, che condividono lo stesso corredo genetico, con gemelli fraterni, che invece hanno in comune solo metà dei geni. È stato così possibile distinguere quanto conti l’ambiente familiare rispetto alla predisposizione biologica. E la risposta è chiara: il DNA vince di parecchi decibel.

Per i genitori è una notizia quasi liberatoria. Non è che sbagliano tutto, non è che devono frequentare corsi di culla acrobatica o scaricare l’ennesima app con rumori bianchi. Spesso è semplicemente questione di natura. Alcuni bambini piangono di più perché sono nati così, e il fatto di non riuscire a “spegnere” la sirena domestica non significa essere cattivi genitori.

I consigli degli esperti: meno sensi di colpa, più ascolto

Il pediatra Joel Gator Warsh ricorda che il pianto non è un bug da correggere, ma un tratto individuale. Ogni bambino comunica a modo suo e, soprattutto nei primi mesi, non esistono strategie universali. L’idea del “pianto controllato” — ovvero lasciare il piccolo lamentarsi per brevi periodi prima di intervenire — può aiutare, ma non è la soluzione magica.

L’aspetto fondamentale resta l’ascolto. I neonati inviano segnali minuscoli che vanno interpretati con attenzione: movimenti, smorfie, cambi di respiro. Più che cercare di eliminare il pianto, conviene imparare a leggere questi indizi, perché dietro c’è quasi sempre un bisogno concreto.

Il pianto cambia con la crescita

Un’altra buona notizia è che il pianto non dura per sempre con la stessa intensità. Nei primi mesi è soprattutto un riflesso, legato a fame, dolore o disagio. Col tempo, però, si trasforma: tra i sei e i nove mesi i bambini iniziano a usarlo anche per ottenere qualcosa, ad esempio farsi prendere in braccio. È la loro prima strategia di negoziazione, e i genitori finiscono spesso col cedere.

In questa fase entrano in gioco anche il temperamento e le relazioni familiari. Alcuni neonati diventano più socievoli e facili da calmare, altri mantengono un carattere più intenso. Ma in entrambi i casi non è più solo genetica: l’ambiente, le abitudini e la capacità di interpretare i bisogni fanno la differenza.

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Pianto dei neonati: tra DNA e quotidianità

Alla fine, la scoperta della componente genetica non toglie importanza al ruolo dei genitori, ma può alleggerirne il peso psicologico. Sapere che non tutto dipende da loro aiuta a vivere con meno sensi di colpa e più pazienza. La sfida è trovare un equilibrio tra scienza e pratica quotidiana: accettare che un neonato possa piangere più di un altro e al tempo stesso cercare strategie personalizzate per accompagnarlo nella crescita. Perché sì, i geni contano, ma l’amore e l’attenzione contano ancora di più. Anche se ogni tanto l’unico modo per sopravvivere resta indossare dei buoni tappi per le orecchie.

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