Le dita delle mani? Potrebbero essere un regalo evolutivo… dal lato B dei pesci

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Le dita delle mani? Potrebbero essere un regalo evolutivo… dal lato B dei pesci

| 28/11/2025
Fonte: Pexels

Secondo uno studio, le nostre dita derivano da un antico DNA dei pesci

  • Uno studio pubblicato su Nature cambia la storia evolutiva delle dita umane
  • Il DNA che forma mani e piedi non deriva dalle pinne, ma da geni collegati alla cloaca dei pesci antichi
  • I ricercatori hanno analizzato il codice genetico di topi e pesci zebra
  • L’evoluzione avrebbe “riciclato” un vecchio programma genetico dedicato all’apertura posteriore del corpo
  • Un verme marino primitivo conferma che la natura preferisce riutilizzare i geni invece di crearne di nuovi

 

Dimenticate tutto ciò che avete imparato a scuola sull’evoluzione delle dita: non sono nate dalle pinne dei pesci, ma dal loro sedere. O meglio, da un antico frammento di DNA collegato alla cloaca, l’apertura multifunzione che negli animali acquatici serve sia per espellere rifiuti che per riprodursi. Lo ha scoperto un gruppo di scienziati europei e americani, in uno studio pubblicato su Nature, che ha analizzato il materiale genetico di topi e pesci zebra.

Ebbene sì, la stessa sequenza che nei mammiferi forma mani e piedi, nei pesci contribuisce a creare… l’estremità opposta. L’evoluzione, a quanto pare, ha un’ironia tutta sua: invece di buttare via un codice ormai “datato”, ha preferito riciclarlo per uno scopo completamente diverso.

Il riuso creativo della natura

Secondo i ricercatori, nei nostri antenati acquatici quel DNA aveva un ruolo molto più “basso”: serviva soltanto per costruire l’apertura posteriore del corpo. Con il passaggio alla vita terrestre, lo stesso schema genetico è stato riadattato per modellare le dita dei vertebrati. Un riuso degno del miglior laboratorio di biodesign.

E questo non è un caso isolato. Un altro studio, condotto sulla Xenoturbella bocki, un verme marino primitivo, mostra che i geni che normalmente formano l’ano negli animali più evoluti si attivano attorno all’organo riproduttivo. Per l’evoluzionista Andreas Hejnol, è la prova che la natura è una straordinaria economa: se un gene funziona, perché inventarne un altro?

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Quando l’evoluzione diventa “artigianato genetico”

Entrambi gli studi dipingono un quadro sorprendente dell’evoluzione: non un processo lineare e ordinato, ma una continua opera di riciclo molecolare. La natura, in sostanza, non crea da zero ma modifica, sposta, adatta. E così, milioni di anni dopo, possiamo guardare le nostre dita con un sorriso e pensare che, in un certo senso, derivano da una parte del corpo che nessuno avrebbe mai sospettato. Un curioso promemoria del fatto che, quando si tratta di ingegno evolutivo, Madre Natura non butta via niente. Nemmeno il DNA del… sedere dei pesci.

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