Allarme salmoni zombie in Islanda: quando l’allevamento esce dal recinto (letteralmente)

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Allarme salmoni zombie in Islanda: quando l’allevamento esce dal recinto (letteralmente)

| 26/06/2025

Salmone zombie e allevamento intensivo: un’accoppiata indigesta

  • I salmoni d’allevamento stanno fuggendo in mare aperto in Islanda
  • Questi esemplari alterano il DNA dei salmoni selvatici
  • Si riscontrano deformazioni fisiche, infezioni e cecità tra i pesci
  • L’allevamento intensivo è accusato di inquinare e minacciare la biodiversità
  • Il rischio di estinzione del salmone atlantico cresce in tutto il Nord Atlantico

 

Il nome fa sorridere, ma il problema è serio. I cosiddetti “salmoni zombie” che nuotano oggi nei mari islandesi sono il risultato indesiderato di una fuga di massa dai recinti d’allevamento. Non è l’incipit di un film horror marino, ma la nuova frontiera dell’impatto ambientale dell’acquacoltura. I pesci allevati, spesso in condizioni tutt’altro che idilliache, sfuggono alle gabbie e si mischiano con i salmoni selvatici, compromettendone la genetica.

Il risultato? Una generazione di esemplari deformi, ciechi, pieni di lesioni cutanee e con più problemi di un protagonista di soap opera. Il salmone, che sulla tavola fa bella figura, in mare si sta trasformando in un campanello d’allarme biologico. Tra infezioni, parassiti e alterazioni del DNA, la biodiversità del Nord Atlantico è in pericolo e gli scienziati lo ripetono da anni: così non si può continuare.

Biodiversità marina a rischio tra fughe di salmoni zombie

In Islanda, come in Norvegia, la situazione ha superato il livello di guardia. Le fughe dai recinti non sono più eccezioni ma eventi ricorrenti, con migliaia di esemplari allevati che si riversano in mare aperto. Una volta liberi, questi salmoni non perdono tempo e si accoppiano con i cugini selvatici, mescolando i geni e compromettendo secoli di evoluzione.

L’effetto domino è inquietante: la perdita di caratteristiche genetiche uniche, il rischio di estinzione per il salmone atlantico e l’impoverimento della fauna marina. Si stima che oggi solo un quarto dei salmoni sopravviva rispetto agli anni ’70, e non certo per colpa della dieta occidentale. Il problema è globale e non risparmia nessuno, nemmeno i Paesi in cui l’allevamento industriale è diventato sinonimo di business.

Il salmone industriale nuoce gravemente all’ambiente

A complicare la faccenda c’è l’uso massiccio di pesticidi marini per combattere i pidocchi di mare, un parassita tipico delle vasche di allevamento. Questi trattamenti chimici, oltre a non garantire un pesce più sano, finiscono per colpire anche altre specie come molluschi e crostacei, fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema.

Insomma, la lista dei danni non si ferma alle pinne mancanti dei salmoni fuggitivi. Si tratta di un sistema produttivo che ha messo il turbo senza chiedersi dove stesse andando. La richiesta mondiale di salmone continua a crescere, ma a che prezzo? Gli esperti sottolineano la necessità di nuove regole e controlli ambientali più efficaci prima che la fauna marina finisca in una bolla di sapone rosa all’Omega 3.

L’Italia osserva, ma potrebbe ritrovarsi nello stesso mare

Il fenomeno dei salmoni zombie potrebbe toccare anche l’Italia. Alcuni studi recenti stanno valutando la possibilità di avviare impianti di allevamento nel Mar Adriatico. Un’idea che, alla luce degli errori islandesi e norvegesi, sembra più un rischio che un’opportunità. L’interesse economico è comprensibile, ma lo è anche la necessità di non trasformare il nostro mare in un laboratorio per esperimenti falliti altrove.

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Nessuno vuole rinunciare al sushi o alla tartare, ma forse è arrivato il momento di chiedersi cosa mettiamo davvero nel piatto. Il salmone è un’ottima fonte di Omega 3, ma la sostenibilità ambientale e la tutela della biodiversità dovrebbero pesare almeno quanto il valore nutrizionale. Prima che sia troppo tardi, e l’unico salmone rimasto sia quello dei cartoni animati.

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