Ammette di sapere che le bambole reborn hanno una funzione terapeutica in certi contesti, ma nel loro caso non riesce a comprenderne il senso. Si dice a disagio e addirittura infastidito da questi oggetti, che trova inquietanti, quasi disturbanti.
Nella parte finale del suo racconto, con grande sincerità, ribadisce ciò che per lui conta davvero: non un surrogato, ma un figlio vero. Una nuova vita da accogliere e crescere, un percorso da fare insieme. Una prospettiva che sente dentro profondamente, al di là di qualsiasi spiegazione scientifica o meccanismo ormonale.



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