Castagna matta in tasca: l’antico rimedio contadino contro il raffreddore funziona davvero?

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Castagna matta in tasca: l’antico rimedio contadino contro il raffreddore funziona davvero?

| 06/12/2025
Fonte: Pexels

Dalla superstizione rurale all’amuleto autunnale: il curioso caso della castagna “portafortuna”

  • Nella tradizione contadina si credeva che una castagna in tasca proteggesse dal raffreddore
  • Il frutto in questione non era la castagna comune, ma la castagna d’India, detta anche “matta”
  • L’ippocastano da cui proviene contiene escina, sostanza utile alla circolazione ma tossica se ingerita
  • L’usanza nasce dall’osservazione dei benefici che il frutto sembrava avere sui cavalli
  • Oggi resta una curiosità folkloristica, simbolo di protezione più che di medicina

 

Con l’arrivo dell’autunno, tra foglie che scricchiolano e tazze di tè fumanti, fa capolino una leggenda curiosa: portare una castagna in tasca per tenere lontano il raffreddore. Non serve bollirla, sbucciarla o farne una crema: basta infilarla nel cappotto e confidare nei poteri della natura. Peccato che la natura, in questo caso, abbia un senso dell’umorismo tutto suo.

Già, perché la castagna salvavita non è quella dolce e arrostita che troviamo nei cartocci, ma la sua cugina “pazza”: la castagna d’India, frutto dell’ippocastano. Un dettaglio non da poco, visto che è tossica per l’uomo e quindi decisamente meglio tenerla in tasca che in bocca. I contadini di un tempo, però, giuravano che fosse un portafortuna infallibile contro tosse e naso che cola.

Tra cavalli e superstizione: la logica contadina dell’amuleto

L’origine della credenza si intreccia con la vita rurale. Si pensava che la castagna d’India aiutasse i cavalli a respirare meglio, tanto che veniva considerata una sorta di rimedio naturale per i disturbi respiratori. A voler essere pignoli, un pizzico di verità c’è: contiene escina, una sostanza con proprietà antinfiammatorie e vasoprotettive, usata ancora oggi in alcuni preparati fitoterapici.

Il problema? Nessuna prova scientifica collega il tenerla in tasca alla prevenzione del raffreddore. Ma il gesto, in fondo, non era tanto medico quanto simbolico: un rituale di protezione che univa fede, natura e un pizzico di magia contadina.

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Il fascino dell’inutile che scalda il cuore

Oggi la castagna matta non cura nulla, ma continua a far sorridere. È un piccolo pezzo di folklore che sopravvive nei racconti dei nonni e nei mercatini d’autunno, un promemoria affettuoso di quando bastava un seme lucido in tasca per sentirsi al sicuro dai malanni. Che poi, magari non allontana il raffreddore, ma chi può dire che non porti un po’ di buonumore? E in tempi di nasi rossi e sciarpe infinite, anche quello è già una cura.

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