Clima bollente, cervello più piccolo: così il riscaldamento globale ci sta accorciando anche le idee

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Clima bollente, cervello più piccolo: così il riscaldamento globale ci sta accorciando anche le idee

| 01/06/2025

Cambiamento climatico e cervello: una storia di restringimenti

  • Uno studio collega il cambiamento climatico alla riduzione del cervello umano
  • Il raffreddamento ha fatto crescere il cervello, il riscaldamento lo ha ridotto
  • Il calo è iniziato 17.000 anni fa e continua ancora oggi
  • La ricerca si basa su 298 crani umani analizzati in relazione al clima
  • Anche la “intelligenza collettiva” avrebbe influito sulla riduzione cerebrale

 

Che il caldo dia alla testa era un sospetto diffuso, ma ora arriva anche la scienza a mettere il timbro. Secondo un recente studio del Museo di Storia Naturale di Los Angeles, il riscaldamento globale avrebbe un impatto diretto sulle dimensioni del cervello umano. E no, non è una metafora.

Il ricercatore Jeff Morgan Stibel ha analizzato 298 crani appartenenti a esemplari del genere Homo vissuti negli ultimi 50.000 anni. Il risultato? Nei periodi più freddi, il nostro cervello si espandeva. Ma quando la Terra iniziava a scaldarsi, le dimensioni dell’encefalo si restringevano. Un processo lento, certo, ma continuo. E ora, con il riscaldamento globale che avanza più deciso di un’onda tropicale, potremmo trovarci nel bel mezzo di una nuova fase “compatta”.

Riscaldamento globale e riduzione del cervello: i dati

Il periodo più interessante dello studio è l’Olocene, iniziato circa 12.000 anni fa, che ha visto un riscaldamento climatico generalizzato. Proprio in quegli anni, il cervello umano ha perso oltre il 10% del suo volume. Non è poco, se si considera che non stiamo parlando di taglie di pantaloni, ma dell’organo più complesso del nostro corpo.

Il meccanismo è semplice, almeno a livello teorico: temperature più alte richiedono meno dispersione di calore corporeo, quindi corpi più compatti e cervelli più piccoli. Il tutto supportato da modelli spaziotemporali e dati paleoclimatici. Insomma, pare che le nostre sinapsi stiano sudando un po’ troppo.

Il futuro del cervello sotto pressione climatica

Se questa tendenza dovesse continuare – e guardando i dati sulle emissioni di CO2 non c’è da essere ottimisti – potremmo assistere a un ulteriore calo delle dimensioni cerebrali nei prossimi millenni. Il che, considerando la complessità crescente della società moderna, potrebbe rivelarsi un problema. Perché se il cervello si restringe mentre il mondo si complica, la combinazione non è proprio vincente.

Stibel stesso ha ammesso che “anche una leggera riduzione potrebbe avere effetti fisiologici importanti, non ancora del tutto compresi”. In parole povere: siamo ancora all’inizio della comprensione di questo fenomeno, ma le premesse non sono rassicuranti.

Non solo clima: anche l’intelligenza collettiva ci ha messo del suo

A rendere il quadro ancora più interessante, c’è un altro studio citato da Stibel, condotto dal Dartmouth College. Secondo questa ricerca, circa 3.000 anni fa il cervello umano si sarebbe ridotto anche per colpa (o merito) dell’intelligenza collettiva. Tradotto: lavorare in gruppo ha alleggerito il carico cognitivo del singolo individuo, rendendo possibile una riduzione del cervello in cambio di una maggiore efficienza.

Un po’ come passare dalla biblioteca alla chat di gruppo: meno fatica per il singolo, più scambio per tutti. Ma questa dinamica non ha nulla a che fare con il cambiamento climatico. I due fenomeni si sommano, ma non si confondono.

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Il cervello umano è ancora in evoluzione

Lo studio lancia quindi un messaggio chiaro: il cervello umano continua a evolversi, ma il clima potrebbe indirizzare questa evoluzione verso direzioni non del tutto vantaggiose. Per adesso, siamo solo all’inizio di questa scoperta. Ma se davvero il riscaldamento globale continuerà ad aumentare, ci toccherà sperare che almeno la nostra “intelligenza collettiva” ci aiuti a trovare soluzioni… prima che sia il cervello stesso a ridursi troppo per pensarle.

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