La comprensione dei meccanismi neurologici che innesca l’ansia può aiutare a comprendere meglio il problema e ad affrontarlo con efficacia
- L’ansia è una risposta naturale di “attacco o fuga” che, quando diventa cronica, altera il funzionamento del cervello
- La modalità di “attacco” può generare risposte di rabbia e aggressività, mentre la “fuga” scatena il bisogno di fuggire per evitare i problemi
- Nel cervello ansioso l’amigdala diventa iperattiva, mentre la corteccia prefrontale, responsabile del pensiero razionale, si indebolisce, creando uno squilibrio emotivo
- L’esposizione prolungata al cortisolo può danneggiare l’ippocampo, portando a problemi di memoria e concentrazione, noti come “nebbia cerebrale”
- L’ansia può coesistere e interagire con la depressione, creando un ciclo che peggiora i sintomi di entrambe le condizioni
L’ansia è una risposta naturale e necessaria dell’organismo umano, un meccanismo di sopravvivenza che ha permesso agli esseri umani, nel corso dell’evoluzione, di rimanere vigili di fronte alle minacce e di fuggire dai pericoli. Tuttavia, quando questa risposta diventa eccessiva o cronica, può alterare la struttura e il funzionamento del cervello, influenzando profondamente il benessere mentale e fisico. Diversi studi scientifici hanno fatto luce sui complessi cambiamenti neurologici che avvengono nel cervello di una persona ansiosa.
Le reazioni del cervello all’ansia
Quando si prova ansia, il cervello subisce una reazione a catena che coinvolge diverse aree. La ghiandola surrenale rilascia ormoni dello stress come il cortisolo e l’adrenalina. Questi ormoni innescano la risposta di “attacco o fuga”, accelerando il battito cardiaco, aumentando la frequenza respiratoria e preparando il corpo a reagire a una minaccia percepita. A livello cerebrale, l’amigdala, il centro delle emozioni e della paura, diventa iperattiva e questo può alterare il funzionamento di altre aree del cervello, come la corteccia prefrontale, responsabile del pensiero razionale e delle decisioni da prendere.
L’ansia cronica porta a una serie di cambiamenti strutturali e funzionali. L’amigdala, sottoposta a stress continuo, può ingrandirsi e diventare ancora più sensibile. Al contrario, la corteccia prefrontale, che ha il compito di controllare le reazioni dell’amigdala, può diventare meno attiva, riducendo la sua capacità di calmare la risposta alla paura. Questo squilibrio rende più difficile per l’individuo regolare le proprie emozioni e lo rende più vulnerabile a pensieri e comportamenti ansiosi.
La modalità di “attacco o fuga”
Le persone ansiose potrebbero avere la tendenza a litigare o addirittura a scontrarsi fisicamente quando si trovano ad affrontare un livello di stress elevato. Per rispondere alla potenziale minaccia, potrebbero attivare la modalità “attacco”, avvertendo una scarica di adrenalina e una rabbia intensa, oltre a risposte fisiche come un aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Si potrebbe anche reagire con ipervigilanza, come se si fosse più sintonizzati sulla minaccia che si sta affrontando, e ci si potrebbe anche sentire agitati e nervosi.
La risposta di “fuga” è caratterizzata invece dall’immenso bisogno di fuggire, di sottrarsi fisicamente alla situazione piuttosto che di rimanere e cercare di risolvere il problema. In modalità di fuga, è più probabile percepire minacce, sia reali che immaginarie, e cercare di evitarle a tutti i costi.
La “nebbia cerebrale”
Un’altra area cerebrale colpita è l’ippocampo, che gestisce la memoria a breve e lungo termine. L’esposizione prolungata al cortisolo può danneggiare l’ippocampo, riducendo le sue dimensioni e compromettendo la capacità di creare nuovi ricordi. Questo può contribuire alla “nebbia cerebrale” e alla difficoltà di concentrazione. L’ansia può inoltre interagire con altri disturbi, come la depressione, creando un ciclo vizioso. La ricerca ha dimostrato che i percorsi neuronali dell’ansia e della depressione si sovrappongono e si rafforzano a vicenda.
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L’ansia non è solo uno stato mentale, ma un fenomeno che ha un impatto fisico sul cervello. La comprensione dei meccanismi neurologici che innesca può aiutare a comprendere meglio il problema e a sottolineare l’importanza di affrontarlo con terapie mirate per ripristinare l’equilibrio cerebrale, attraverso la psicoterapia o, in alcuni casi, con l’uso di farmaci.

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- https://www.verywellmind.com/this-is-your-brain-on-anxiety-8733665
- https://www.forbes.com/sites/bryanrobinson/2020/08/08/new-study-shows-what-happens-to-your-brain-when-youre-anxious-and-depressed/
- https://creyos.com/blog/anxiety-and-the-brain