IA e compiti scolastici: i segnali che i prof sanno leggere
- Uno studio ha confrontato compiti scritti da studenti e testi creati da IA
- I professori riconoscono i compiti generati da chatbot analizzando stile e contenuti
- L’intelligenza artificiale produce testi troppo perfetti e impersonali
- Mancano emozioni, esperienze personali e opinioni soggettive
- L’uso dell’IA per i compiti può aiutare, ma non può sostituire la scrittura umana
Usare l’intelligenza artificiale per fare i compiti può sembrare una scorciatoia perfetta, ma i professori hanno imparato a leggere tra le righe. Uno studio dell’Università dell’East Anglia ha messo a confronto veri compiti universitari con testi scritti da ChatGPT, tutti sulla stessa traccia. Il risultato? I testi dell’IA sono troppo perfetti per essere veri.
Niente refusi, nessun errore grammaticale, struttura impeccabile. Un sogno per ogni insegnante, se non fosse che proprio questa perfezione è il primo segnale d’allarme. Gli studenti, si sa, commettono errori. E se non ce ne sono nemmeno uno, qualche sospetto viene.
Stile impersonale e niente vita vissuta: così i prof smascherano l’IA
Altro dettaglio rivelatore è lo stile. L’intelligenza artificiale scrive in modo chiaro e corretto, ma senza anima. Mancano quei piccoli guizzi stilistici, le frasi un po’ sconnesse ma sincere, che raccontano la voce dello studente. I testi sembrano usciti da un manuale, non da un pomeriggio passato tra appunti e panico da scadenza.
Inoltre, i compiti generati da IA non contengono esperienze personali. Nessuna volta in cui “durante una gita scolastica ho capito che…” o “quando ho letto questo autore mi sono sentito…”. L’IA non ha ricordi, non ha emozioni, e questo si nota.
Compiti perfetti? Troppo sospetti
Anche la struttura è un campanello d’allarme. I testi prodotti artificialmente sono ordinati come se fossero stati progettati con il righello. Introduzione, sviluppo, conclusione, tutto al posto giusto. Ma chi ha mai scritto un tema perfetto senza dubbi o ripensamenti? Anche il più studioso degli alunni lascia qualche esitazione logica qua e là.
I docenti quindi non hanno bisogno di software anti-plagio o strumenti fantascientifici. Basta leggere con attenzione. Se il compito sembra uscito da un’enciclopedia ma l’autore è uno studente noto per la sua sintesi scarna, qualcosa non torna.
Scrivere con l’IA? Meglio usarla come ispirazione
La verità è che l’intelligenza artificiale può essere un ottimo strumento di supporto. Può aiutare a trovare sinonimi, generare idee, riformulare concetti. Ma se prende in mano l’intero compito, il rischio è quello di farsi beccare con le mani nella tastiera. E non è detto che il voto finale sia quello sperato.
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In fondo, scrivere un testo è parte del processo di apprendimento. Non serve solo a riempire fogli, ma a costruire un pensiero, allenare il linguaggio, esprimere emozioni e opinioni. Delegare tutto a un chatbot può sembrare comodo, ma è come consegnare un disegno fatto da qualcun altro: magari è bello, ma non è tuo. Usare l’intelligenza artificiale per i compiti non è vietato, ma bisogna saperla usare. Come ogni strumento, funziona solo se lo si integra con intelligenza vera. E quella, per ora, non la scrive nessun algoritmo.

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