Cani al posto dei figli? Anche sì
- In alcune nazioni ci sono più cani che bambini
- Molti considerano i cani veri membri della famiglia
- Alcuni li vedono come “figli di prova” prima di avere un bambino
- I cani rispondono a bisogni di cura e supporto sociale
- La solitudine e la mancanza di reti familiari influenzano questa scelta
In un’epoca in cui si fa prima ad adottare un cucciolo che a trovare l’anima gemella, i cani sembrano aver preso il posto dei bambini nelle case (e nei cuori) di moltissime persone. Non è solo un’impressione da zia invadente, ma un dato confermato anche dalla scienza. Secondo uno studio della professoressa Enikő Kubinyi dell’Università Eötvös Loránd, il boom dei cani e il crollo delle nascite sono due fenomeni collegati. Ma non nel modo che ci si aspetterebbe.
C’è chi pensa che scegliere un cane significhi rinunciare alla genitorialità. In realtà, spiega la ricercatrice, la questione è più complessa. Certo, c’è chi coccola il proprio bulldog francese come fosse un neonato, ma molti vedono nel cane una specie di allenamento alla maternità o paternità. Un “bambino demo”, insomma: non piange (troppo), non chiede il motorino a 14 anni e, in cambio di crocchette, ti adora senza condizioni.
Cani e bambini: confronto (im)possibile
D’altronde, in molte famiglie il cane è parte del pacchetto famiglia. E c’è pure chi si sente più attratto da una persona che porta a spasso un cane, il che rende Fido un vero e proprio wingman. Quindi, invece di ostacolare la natalità, il cane potrebbe persino facilitarla, creando occasioni d’incontro (al parco, mica su Tinder).
Tuttavia, lo studio suggerisce che il successo dei cani nasce da un vuoto. No, non quello lasciato dal bambino mai nato, ma quello delle reti sociali andate in frantumi. In un mondo dove sempre meno persone si sentono supportate nella cura dei figli, dove il “villaggio” che serviva per crescere un bambino è andato in pensione, ecco che spunta il cane. Sempre pronto, mai giudicante e con una coda che scodinzola anche nei momenti peggiori.
Cani come specchio della solitudine moderna
Kubinyi definisce questa dinamica con una formula: la “teoria della fuga dell’animale da compagnia”. Ovvero, l’istinto umano di prendersi cura degli altri si è semplicemente trasferito dagli umani agli animali domestici, cani in testa. Anche perché, inutile girarci intorno, i cani moderni sono progettati (dalla selezione genetica, mica dal caso) per sembrare bambini: musi schiacciati, occhioni, andatura traballante. Come resistere?
Certo, il rischio c’è: quando si pretende che il cane colmi tutti i vuoti affettivi, può diventare più una prigione emotiva che una compagnia. Ma se il guinzaglio non è troppo corto, la relazione uomo-cane può essere davvero benefica. Anche dal punto di vista sociale: portare fuori il cane è un’occasione per scambiare due parole con il vicino (e scoprire che anche lui ha rinunciato a fare figli per colpa del mutuo).
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Meno culle, più cuccette?
Insomma, non è colpa dei cani se nascono meno bambini. Entrambi i fenomeni riflettono il cambiamento delle relazioni umane e il bisogno di contatto, affetto, cura. In un mondo dove ci si sente spesso soli, un cane offre quella forma di amore semplice e quotidiana che oggi, purtroppo, è sempre più difficile trovare tra umani. E poi, diciamocelo: un cane non si lamenta se gli fai ascoltare la tua playlist degli anni ‘90.

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- https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/09637214251318284
- https://www.researchgate.net/publication/389865273_The_Link_Between_Companion_Dogs_Human_Fertility_Rates_and_Social_Networks
- https://phys.org/news/2025-03-dogs-children-birth-dog-ownership.html