Quale sarà il nostro aspetto tra 1000 anni? Risponde la scienza

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Quale sarà il nostro aspetto tra 1000 anni? Risponde la scienza

| 19/06/2025
Fonte: Pexels

Toll Free Forwarding: l’essere umano del 3000 avrà ben poco di umano

  • Uno studio dell’azienda Toll Free Forwarding ha svelato come potrebbe apparire l’essere umano tra 3000 anni
  • Il suo aspetto sarebbe a dir poco mostruoso: artigli, collo taurino e tre palpebre
  • Anche le facoltà cognitive risulterebbero ridotte
  • Queste caratteristiche potrebbero svilupparsi in seguito al massiccio utilizzo delle nuove tecnologie
  • La selezione naturale, infatti, premia le variazioni genetiche che si dimostrano più favorevoli all’adattamento

 

Vi siete mai chiesti quale sarà l’aspetto dei membri della nostra specie tra 1000 anni? Se pensate che la qualità della vita che abbiamo raggiunto oggi continuerà a progredire, consentendoci di apparire sempre più forti, in salute e attrenti, vi sbagliate di grosso. Una ricerca condotta dall’azienda Toll Free Forwarding, infatti, ha svelato che le sembianze degli esseri umani del futuro saranno a dir poco ripugnanti.

Gobbi, col collo corto, spesso e arcuato, tre palpebre per occhio e lunghi artigli al posto delle mani: così appariremo tra un millennio secondo l’esito dello studio. Non è tutto: infatti, anche il nostro cervello subirà delle modificazioni, sia in termini di grandezza che di capacità. Oltre che rimpicciolirsi, le sue facoltà intellettive risulteranno decisamente inferiori rispetto a quelle di cui disponiamo attualmente. Insomma, a quanto pare l’homo sapiens andrà incontro a una vera e propria regressione. Indovinate un po’ di chi sarà la colpa? Ebbene sì: della tecnologia.

Gli adattamenti della selezione naturale

Secondo gli scienziati, in un lasso di tempo così consistente i device che già nel presente sono diventati parte integrante del nostro quotidiano saranno in grado di modificare profondamente non solo il modo in cui ci relazioniamo con il mondo, ma le nostre stesse condizioni psicofisiche.

Postura e gestualità ripetitive derivanti dall’atto di stare di fronte agli schermi per lunghissimo tempo, infatti, potrebbero fissarsi nella popolazione, per poi essere tramandati di generazione in generazione fino a costituire delle vere e proprie varianti genetiche. Del resto, non si tratta affatto di un fenomeno nuovo. A questo proposito, i ricercatori hanno di recente messo in luce che i membri dell’etnia Bajau del Sudest asiatico hanno una milza più grande e dispongono di geni legati alla carenza di ossigeno.

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Queste caratteristiche dipendono dal fatto che essi vivono a stretto contatto con l’acqua. Nel corso del tempo, dunque, la selezione naturale ha favorito le varianti genetiche che consentono di effettuare immersioni più lunghe. Anche la tecnologia, dunque, potrebbe veicolare questo genere di modifiche che, da casuali, potrebbero diventare vere e proprie caratteristiche anatomiche trasmissibili.

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